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Lucia Vasilicò, la donna del mare nella raccolta delle lettere del comandante straniero

Incontrai l’autrice del suggestivo romanzo epistolare “Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore”, Aracne Editrice, per la collana Ragno riflesso, negli anni del massimo fulgore dell’avanguardia romana formata da Giancarlo Nanni e Manuela Kustermann, Valentino Orfeo e Luciana Iannace, Memè Perlini, Leo De Berardinis e Perla Peragallo, Simone Carella, Giancarlo Sepe, oltre naturalmente a Giuliano Vasilicò che debuttò al Beat ’72, con “Missione psicopolitica” suscitando scalpore e interesse tra il pubblico e la critica, poiché trattava di una bambina che ambiva alla violenza di un maniaco. In quegli anni la società borghese prese coscienza che stava vivendo uno strano squilibrio dovuto all’inconsistenza politica di quegli anni dove già si avvertivano i prodomi del fallimento della classe dirigente, poi avvenuto con l’assassinio Moro.

L’autrice del libro Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore” è Lucia Vasilicò, sorella di Giuliano, anche lei bravissima enfant terrible delle scene dell’avanguardia.

Nell’epoca delle e-mail Lucia Vasilicò sente di affidare alle missive un segreto, forse il suo segreto di donna, poiché queste, le lettere, rimarranno lì, tangibili e consultabili con forse, qualche lepisma di troppo.È certo mediterraneo il sentimento malinconico, che si avvicina al fado o addirittura alla melancolia greca del ricordo fatto sì di amore verso il proprio uomo ma segnato a volte da sottili rimproveri sublimali per momenti scabrosi dei quali si sarebbe potuto farne a meno.

Il romanzo in forma epistolare è dedicato A Vittorio e Simone, capisaldi dell’esistenza di Lucia Vasilicò.

Seguono sei riflessioni sul senso del rapporto tratte dalle opere di S. Beckett, L. Pirandello, M. Proust, S. Freud, D. Letterman, A. Moravia, dove l’obiettività psicologica porta ad un’unica risposta: spesso siamo costretti ad una scelta decisiva. Ho trovato il romanzo epistolare di Lucia Vasilicò un vero dramma esistenziale dove si riscontrano riflessioni su situazioni profondamente personali ma non per questo è da ritenersi Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore un romanzo autobiografico.

L’arco di tempo che va dal 1957 al 1960, apre lo scrigno del sopito coraggio del protagonista Giovanni, detto Babila, con l’incipit: “L’estrema necessità di parlarle mi rende testardo e nello stesso tempo mi spinge a non riuscirci… Come se il bisogno stesso, una volta conosciuto, mi desse la forza possente di non esaudirlo.

È certo un’autoanalisi dove il sogno spalanca le porte all’inconscio facendo affiorare alla coscienza barlumi di necessità sentimentali spostati – dal meccanismo di difesa – nel romanzo, figura maschile, come la necessità nevrotica di scrivere, che è rivolta all’Egregio Signor Dottore.

È un ottimo monologo attoriale che necessiterebbe di essere messo in scena dando così respiro alle infinite sottigliezze della mente descritte dall’autrice.

Un incontro non deve per forza ritenersi foriero di oscuri presagi se uno dei protagonisti lo ha contratto per… noia, stanchezza, depressione, a riscatto quasi di qualche fortuita umiliazione.

Ne Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore si ravvisa un velato risvolto autobiografico; in Lucia Vasilicò è vivo il ricordo di Vittorio, l’uomo “straniero” che l’ha forgiata come donna e come artista che non dimenticherà mai. Sintomatica la copertina del libro dedotta da un quadro ad olio di Giorgio Raffaelli: una spiaggia con un ombrellone aperto, un pattino a riva e il mare infinito; ricorda un dramma di Ibsen La donna del mare!

Giovanni potrebbe intendersi come l’altra faccia dell’autrice: “Sono agli estremi. Ma è necessario cominciare. Sembro chiuso da grosse sbarre di ferro. Anche il pavimento e fatto di sbarre, sospeso qualche metro sopra un fondo terroso e sporco, sono messo alla gogna. C’è poca luce, niente aria, sto esagerando. Dovrai perdonare questo momento di cupo pessimismo. Sospendo, sono molto stanco…”

Giovanni scrive alla sorella per andare al mare, in estate…

Dovrà chiedere la comprensione a sua nipote, Orsola, che lo sopporta e gli vuole bene, nonostante tutti i suoi tic nervosi e le sue manie ossessive.

Ma anche da Orsola lo zio ha delle delusioni, specialmente morali. Orsola è uno spirito libero e con il suo modo di fare riesce addirittura a sedurre lo zio, che riverserà sulla nipote attenzioni in bilico tra l’affetto “pacato” e l’attenzione erotica; ciò lo spingerà a sviluppare il senso di colpa che lo allontanerà dalla religione cattolica. Venuto a conoscenza del matrimonio di Orsola, così scrive: “Se Orsola vorrà ritornare bisogna avvisare i miei… ubriachi di odio, anche sedersi vicino come per una confidenza, fingere di chiedere un consiglio invitando ad una passeggiata, innocua all’apparenza, invece cominciare un discorso pesante, gradatamente velenoso, carico di accuse”.

Orsola deve rimediare all’onta poiché la famiglia è convinta che la giovane si sia servita dello zio per i suoi scopi, che forse l’abbia sedotto sul serio, quando proprio Giovanni non è mai riuscito interamente a esternare il suo desiderio d’amore verso la nipote.

La dipartita della mamma fa precipitare Giovanni, detto Babila, nell’abisso totale della depressione senza più ritorno. Si arriverà così al 1980 con la descrizione della spiaggia assolata e deserta…

Un libro da leggere e consigliare “Il comandante straniero. Epistolario dal fronte interiore” di Lucia Vasilicò; un libro pervaso di purezza e fragilità gioiosa che ci riporta a sensazioni poetiche vissute sulla nostra pelle, all’ombra del Comandante straniero.

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