Lo scaffale 02
Il teatro è un libro

C'è un'attrazione speciale che scorre carsicamente fra i teatrologi: un binomio che fino a un secolo fa poteva rappresentare la natura stessa del teatro, ma che, dopo la conclamata scissione ideale tra testo drammaturgico e testo spettacolare, assume una dimensione (e un fascino) del tutto particolare. Parlo del rapporto fra teatro e libro, declinato non più come banale evoluzione scenica di un'opera drammaturgica o letteraria, ma come possibilità altra dell'idea (e della prassi) teatrale. Le identità parallele e/o incrociate di teatro e libro ricorrono variamente sondate e valorizzate in alcuni libri, a cominciare dal "classico" di Taviani Uomini di scena, uomini di libro per arrivare alle Visioni della scena. Teatro e scrittura di De Marinis, passando per il convegno/pubblicazione Il teatro nascosto nel romanzo. A queste si aggiunge ora un'ulteriore nuova declinazione, quella di Ettore Massarese, che anzi punta a definire una vera e propria nuova categoria: il teatro/libro. La proposta, con tre eclatanti esempi, è nel libro che si intitola, appunto, Teatri/libro (Aracne; pp. 210; euro 14), e che ha nel suo sottotitolo lo svelamento del concetto: "Ronconi, Vasilicò, Bene. Esperienze di percezione tra corpi in pagina e corpi in scena".Gli spettacoli di Ronconi (Orlando furioso, il Pasticciaccio e Infinities), i "laboratori" di Vasilicò (attorno a Sade, Proust e Musil) e il Pinocchio di Bene sono oggetto di un'analisi che li accomuna attorno alla proposta di una ridefinizione di quelle opere come "teatro/libro", che Massarese avanza, consapevole del possibile fraintendimento di "teatro che mette in scena un libro". In realtà, per l'autore, la questione è più complessa e, sicuramente, stimolante, perché apparenta il concetto di "teatro/libro" a una nuova o diversa impostazione dello spettacolo, che parte sì da suggestioni letterarie, per poi distillarle o - meglio - riconcepirle alla luce di una teatralità da recepire nella stessa modalità esperienziale della lettura. Un'ipotesi che può ricordare in qualche modo il discorso di Vescovo sul cosiddetto "effetto romanzo" (contro l' "effetto mondo") di alcuni spettacoli nel suo Il tempo a Napoli. In realtà, per Massarese il punto discriminante sembra stare proprio nella fruizione: il "rapimento" che il testo letterario esercita sul lettore, trascinandolo nella sua dimensione fantastica e soggettiva, è lo stesso che gli spettacoli classificabili come "teatri/libro" riescono a esercitare: come se lo spettatore fosse condotto di fronte a un'esperienza di lettura fisica. Come scrive lo stesso autore, "una scena che assume i tempi 'altri' ed estesi del libro, una scena che s'apparenti ad una lettura 'visionaria', che organizzi una sorta di lettura collettiva per corpi, voci, suoni e luci, dove l'assemblea degli astanti provi lo spiazzamento 'onirico' che, spesso, solo la lettura individuale consente". Davvero una proposta singolare, che l'affondo negli esempi dei tre artisti aiuta a comprendere, grazie a proposte interpretative che riaprono i giochi su opere già abbondantemente sondate.Buona parte del libro è assorbita da una corposa appendice di testi "rari e inediti": si tratta di scritti introvabili e ripubblicati (come nel caso di due interventi di Vasilicò) o assolutamente inediti (come nel caso di Bene, con appunti archiviati al Fondo L'Immemoriale di Carmelo Bene), o addirittura degli appunti manoscritti presi da Ronconi sul suo copione di lavoro di Infinities. Un'appendice che rende ulteriormente prezioso questo volume.

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