
L’Osservatore Romano
Una rilettura dell’opera-mondo «La scarpina di raso» Quanto Giappone nei versi di Claudel
Forse è colpa del titolo una metafora raffinata ma difficilmente comprensibile forse delle dimensioni sterminate, forse del pregiudizio negativo che grava tuttora sul suo autore, ma Le Soulier de satin di Paul Claudel, a quasi un secolo dalla sua pubblicazione, resta uno dei capolavori più incompresidella letteratura del Novecento. Celebre in tutto il mondo è L’Annuncio a Maria, molto meno nota è Lascarpina di raso, raramente citata e ancora più raramente rappresentata per l’impegno scenico che richiede: 73 personaggi per quasi 11 ore di spettacolari avvenimenti che ci portano in Europa, Africa, Asia, America, in un barocco fiabesco e tragico, poetico e barbaro, intessuto di gag comiche e fatti di sangue. Una storia d’amore, ma non solo; un affresco complesso, ricchissimo di riferimenti culturali e di storie-specchio degli eventi coevi alla stesura, come spiega Riccardo Bravi nel suo libro Claudel e il teatro del mondo. Le Soulier de satin (Ariccia, Aracne Editrice 2019, pagine 144, euro 13) sottolineandoanche la profondità “filosofica” della vis comica (anche in questo caso, misconosciuta) dell’autore.
Sulla scia del grande teatro del mondo di impronta calderoniana, Claudel dà vita a una drammaturgia,inaudita, per la vasta gamma di influenze che vi si possono riscontrare, mimetizzate da un sapiente gioco intertestuale: dai riferimenti sulla sorte del continente europeo uscito dall’ ”inutile strage” della prima guerra mondiale al fascino dell’Oriente. […]