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La democrazia totalitaria

IL LIBRO – Alla luce dell'approccio sociologico di Luciano Pellicani e di quello politologico di Jacob Talmon il saggio intende individuare all'interno della riflessione giacobina e marxista il ruolo dell'utopia messianica, della violenza rivoluzionaria e del totalitarismo sottolineando il ruolo determinante dell'intellettuale antagonista vero e proprio professionista della rivoluzione.
Lasciando sullo sfondo la questione tuttora irrisolta di come conciliare programmaticamente la libertà e la giustizia, Giuseppe Gagliano mette in luce i limiti epistemologici e le conseguenze politiche di una dottrina socialista che, abbandonando il sicuro terreno della scienza critica, finì per costruire delle nuove divinità a cui sacrificare, in vista di una futura salvezza, le condizioni di vita degli uomini. Non vi è dubbio, infatti, che il socialismo reale non mantenne le promesse della "democrazia totalitaria" e che non esiste democrazia possibile che non sia liberale nel nucleo.
La tesi ripercorsa da Gagliano è che le radici intellettuali del totalitarismo comunista del Novecento, pur disseminate nella storia del pensiero occidentale, affondano nel terreno dell'ideologia egualitaria di sinistra, a partire dall'ambiguo concetto di "volontà generale" di Rousseau, attraverso la trasfigurazione nazionalistica del popolo e il governo di salute pubblica del giacobinismo di Robespierre e Saint-Just, il tentativo di cospirazione egualitaria del babuvismo, sino al comunismo di Karl Marx, al bolscevismo di Lenin e al regime stalinista.

DAL TESTO – “L'attivista gnostico concepisce la rivoluzione in termini universali, per cui, dopo o a volte insieme alle guerre interne, si dovranno condurre anche guerre internazionali, come scrive Trotsky che considera ogni rivoluzione nazionale come un anello della rivoluzione mondiale a carattere permanente”.
“La fase di costruzione della nuova società dopo la vittoria totale sul nemico è la più complessa, poiché si tratta di convertire tutto il popolo a nuovi valori, concezioni, credenze, controllando nello stesso tempo che non ci sia il ritorno delle forze reazionarie. È assolutamente indispensabile concentrare tutto il potere in una struttura gerarchica onnicomprensiva, per cui il progetto gnostico sbocca inevitabilmente nella dittatura totalitaria”.
“Quest'ultima viene giustificata come dittatura preparatoria e pedagogica: la si ritrova in tutte le rivoluzioni gnostiche ed è legata al principio che l'uomo dev'essere costretto ad essere libero, per esprimersi con la formulazione che ne ha dato Marcuse, che, riferendosi al popolo, parla di "educazione" per «schiavi che non sanno neppure di essere schiavi». La rieducazione delle masse deve procedere anche contro eventuali rigurgiti borghesi e iniziative contrarie che vengano da loro stesse: ne consegue che il regime rivoluzionario non potrà che essere la dittatura dell'avanguardia cosciente, come formulato da Lenin in Stato e rivoluzione, dove si afferma la necessità che sia appunto "l'avanguardia del proletariato" a dirigerlo contro gli sfruttatori ma anche a reimpostare le masse contadine, borghesi e serniproletarie”.

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