Dubbio Metodico
Le mitomani favolose: miti al femminile

“Le donne che cambiano il mondo non devono mostrare nulla di più che la propria intelligenza.” Così recita uno dei tanti link di Facebook, attribuendo la frase a Rita Levi Montalcini, scomparsa di recente, condiviso assieme alle immagini delle attiviste di Femen, importante movimento femminista ucraino, intente a spogliarsi durante l’Angelus del papa come forma di protesta contro le posizioni della Chiesa verso le coppie omosessuali. Corpo o mente, forse l’aporia è illusoria: si tratta solo di desiderio di cambiare, che nelle donne si manifesta nel loro agire quotidiano, fin dagli albori, ove memoria diventa più tangibile del pensiero o della carne, assumendo l’esemplarità del mito.

È con questo stato d’animo che è piacevole leggere “Le mitomani favolose” di Carla Cirillo, pubblicato per i tipi dell’Aracne Editrice, piccolo libro dalla prosa leggera in maniera direttamente proporzionale all’ambizioso obiettivo che sembra prefiggersi, nella trattazione delle donne del mito.

Diciamo “sembra” perché l’autrice smussa decisamente i caratteri più salienti del mito, dai mostri alle metamorfosi, lascia da parte analisi ardite dell’epos e si concentra spiccatamente su gesti semplici: lo sguardo verso il mare di una donna che aspetta, il passo di qualcuno che desidera allontanarsi, l’atto di aggiustarsi i capelli.

Undici donne di vario potere e natura scorrono nelle poche pagine di questo libro, tratteggiate con pochi elementi essenziali nella loro concretezza, spia di sentimenti profondi che poco per volta emergono; se ogni tanto il lettore più attento e smaliziato potrebbe sorridere per qualche ingenuità stilistica da esordiente, poco dopo torna attento per la piacevolezza dell’idea, oltre a dare atto di una certa preparazione sull’argomento.

Donne che divengono la scusa per parlare di uomini, in una prospettiva disillusa e incantata al contempo, forte di vissuti con mentalità lucida: Penelope e Circe non sembrano poi così diverse nel loro modo di guardare Odisseo, oggetto di desiderio forse più per ciò che rappresenta che non per ciò che realmente è, al pari di Onfale o Arianna per le rispettive controparti maschili; Elena e Cassandra si specchiano vicendevolmente nel porsi interrogativi irrisolvibili, prigioniere dei loro stessi doni, come Giocasta, Elettra e Alcesti lo sono delle loro scelte, mentre Medea ed Eosilla sperimentano in modi diversi incanti dagli esiti nefasti.

Tutte hanno in comune l’amore, in tutte le accezioni e in tutte le prospettive, spaziando da quello per se stessi a quello per gli altri, da quello tenero rivolto al proprio marito fino a quello rabbioso e distruttivo per l’amante traditore; Amore, demone e quindi né mortale né immortale, figlio di Poro e Penia, come narra Socrate per mezzo dell’opera di Platone.

Il filosofo compare assieme a molti altri nella dodicesima storia che vede protagonista non una donna, ma Tiresia, l’anziano indovino, cieco per la realtà intorno a lui e lungimirante nel futuro attraverso i secoli, al punto da essere investito in un giorno qualunque dai pensieri di una turma di anime “afflitte dall’amore”: la sua mente quindi si affolla della massime e degli scritti di tutti i grandi teorici dell’amore, filosofi e artisti di ogni tempo, tra cui Dante, Schopenhauer, Bachmann, Dickinson, Bronte e molti altri.

L’operazione è messa in atto dall’autrice con un gioco di taglia-e-cuci di citazioni dei suddetti, inserite in una trama in cui il filo da imbastitura sono i pensieri di Tiresia, più un elemento di raccordo che non una reale impalcatura narrativa, se non per il finale: stratagemma forse un po’ immaturo, ma piacevole per il lettore, trascinato in una rassegna sul tema e, perché no, convinto a ricercare e approfondire anche per fatti propri.

La conclusione: “L’amore che una donna prova e sente è più grande di quello dell’uomo, perché sempre, se non lo vince in profondità e costanza, lo vince in generosità.” Massima che sembra ammiccare a una leggera vena di femminismo, ma ci sono luoghi comuni tutto sommato meno gradevoli a leggersi e tutto sommato meno veritieri.

Insomma, una prova d’autrice deliziosa, da scorrere con voracità in una sera di calma oppure centellinandola come necessaria pausa di ossigeno, tra letture forse più elevate, ma decisamente meno vicine a una lettrice come invece può essere questa raccolta.

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