La Sicilia
La casa delle fanciulle orfane e indigenti

L’ex Conservatorio delle Verginelle in Catania è stato di recente oggetto di un complesso restauro per diventare sede didattica. L’edificio, da anni quasi abbandonato o sotto utilizzato, è stato individuato nel 2000 dall’Amministrazione universitaria cittadina come immobile da riutilizzare e destinare all’insegnamento nell’area della collina di Montevergine, per la sua posizione privilegiata di fronte al polo umanistico già insediato presso il Monastero dei Benedettini di S. Nicolò l’Arena. Questa scelta si è rivelata in linea con gli obiettivi di «rigenerazione urbana integrata» previsti dalla strategia «Europa 2020», contenuti in documenti quali la Carta di Lipsia del 2007, la Dichiarazione di Toledo del 2010, o «Città del futuro» pubblicato a fine 2011 dall’Unione Europea, in cui l’espansione urbana incontrollata viene individuata come una delle principali minacce allo sviluppo territoriale sostenibile. Ne consegue la necessità di strategie per il riciclo dei terreni attraverso il risanamento urbano, la riconversione o riutilizzo di zone abbandonate in declino o non utilizzate. La storia del restauro è raccontata nel libro di Alessandro Lo Faro, «Il Conservatorio delle Verginelle in Catania. Indagini preliminari e progetto di riuso di una fabbrica tradizionale», pubblicato da Aracne Editrice nella collana «Esempi di architettura».La conoscenza del bene da trasformare è il momento fondante negli interventi che hanno per oggetto le fabbriche tradizionali. L’indagine storica è oggetto del primo capitolo del libro. Si apprende che la Casa, dedicata a Sant’Agata e destinata all’assistenza di fanciulle orfane o indigenti, fu fondata nella seconda metà del XVI secolo per volontà del patrizio catanese Giovanni La Rocca. Il Senato di Catania individuò la sede e pose l’Istituto sotto il controllo di un patrizio con la qualifica di rettore. Il Conservatorio era posto anche sotto il controllo vescovile. Una relazione del vescovo Marco Antonio Gussio tramanda che nel 1655 vi erano ospitate 23 giovani. La sorte del Conservatorio è legata al nome di un altro patrizio catanese, Giuseppe Asmundo Mendicino, regio milite e dottore utriusque iuris, rettore incarica già dal 1669. Dopo il terremoto del 1693, che distrusse in gran parte l’edificio, Asmundo devolse alle Verginelle, con atto notarile del 1706, numerose proprietà immobiliari, alcune in corso di costruzione, impegnando se stesso ed i suoi eredi a completarle: sua volontà che «la Venerabile Casa delle fanciulle Vergini debba possedere tutto integralmente e nel migliore dei modi». Lo stesso Asmundo, dopo il terremoto del 1693, fu commissario generale per la ricostruzione di Noto, e venne riconosciuto come uno degli artefici del Barocco siciliano.

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