il Caffè
Liberi

«Il fascino del libro di Ceccarelli, al di là degli argomenti trattati, sta nel non porsi un obiettivo univoco, una surplus di interpretazione in chiave di analisi clinica o storico--artistica, ma piuttosto nel movimento ondulatorio tra i due tipi di analisi. Quando avverte di essere sul punto di divenire dogmatico, l’Autore si smonta con una sottile ironia. La (consapevole) modestia è la sua forza. Quando il lettore teme di essere immerso in un discorso terribilmente tecnico, ecco che subentra a distrarlo un linguaggio ricco di riferimenti contemporanei e di locuzioni popolari. Ed una prosa, last but not least, che rende questo “saggio” godibile come una raccolta di novelle» scrive nella prefazione al libro Medici, malati, malattie e farmaci Jolanda Nigro Covre, professore ordinario di Storia dell’arte contemporanea all’Università La Sapienza di Roma.L’arte teme la scienza, perché potrebbe detronizzarla. Talora la combatte, talaltra la imita o stabilisce con essa una competizione, ma la teme. La scienza non teme l’arte, perché non le potrà mai nuocere. L’uomo non può fare a meno né della scienza né dell’arte, ma senza la scienza è perduto, senza l’arte, semplicemente, si rattrista. Senza la medicina, che della scienza si nutre, può morire; senza l’arte, sopravvive, ma si sente meno umano. L’artista malato cerca il medico per non morire. Il medico cerca l’artista malato, o il soggetto malato da lui creato, per capire di più sulla propria disciplina e su quella dell’artista. Infatti Giovanni Ceccarelli, autore del libro, che consta di 21 capitoli, sostiene di essersi iscritto al corso di laurea in studi storico–artistici quando è andato in pensione per colmare alcune lacune in campo artistico e umanistico e per unire due sue grandi passioni: la storia della medicina e l’osservazione della pittura
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