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Per una morfogenesi dell'evento
Il filtro culturale attraverso il quale noi vediamo la natura (e la manipoliamo) nasce ovviamente da un sapere e da una esperienza formatisi a poco a poco durante l'evoluzione umana, tramandati oralmente e con la pratica e l'esempio, generazione dopo generazione, e a un certo punto divenuti anche "storia", qualcosa di documentabile e studiabile, che ha avuto una esponenziale accelerazione di eventi, su per giù, a partire dalla rivoluzione industriale. Di «accélération de l'histoire» parlava, nel 1948, Daniél Halévy (1872-1962), intellettuale francese che attraversa seconda rivoluzione industriale, Belle époque, guerre mondiali e boom del dopoguerra. «Credo che il male sia attivo nella storia»: visto che cosa è successo nell'arco della sua vita, non c'è da dargli torto. Ora, poiché il cambiamento è caratterizzato dall'evenire, dal "venire fuori", Tiziana Carena e Francesco Ingravalle, in Per una morfogenesi dell'evento (Roma, Aracne, pp. 138, Euro 10) si interrogano sul senso della storia e sull'eventuale prevedibilità/modificabilità degli eventi storici, presentando, tra l'altro, per la prima volta in Italia la cospicua riflessione storica di Halévy e attingendo anche alla tradizione cristiana, ebraico e islamica e a quella laica del pensiero filosofico occidentale. Lo studio della storia, insomma, chiama in causa le categorie di libertà e di responsabilità. Da quando c'è la filosofia, sappiamo di non sapere, ma da quando c'è la storia, non possiamo dire di non sapere...