Secolo d'Italia
Metafisica dell'addio

Blow up di Michelangelo Antonioni. Nella scena finale, una camera segue il nulla. Attore principale (David Hemmings), mimi e regista, un'intera squadra di protagonisti, complici in una simulazione. Una finzione rappresentabile, anzi ben rappresentata da una partita di tennis a un tempo reale e apparente. Ma provate a immaginare, invece, un'assenza come patimento, come sofferenza; come leitmotiv o colonna sonora di un'esistenza. Ecco, in questo modo, avrete fatto quattro passi anche nel mondo di Cioran, nel suo cafard, cioè nel suo male di esistere. Nella sua vita fatta di nulla. Nella sua vita, appunto e all'interno delle sue emozioni, e non in quella di chissà quale altro individuo, forse inventato, forse mai esistito come il tipo di certa letteratura fra moderno, pre e post-moderno, oggetto di indagine statistica e sondato da un equinozio all'altro.Ha ragione Antonio Di Gennaro nel suo Metafisica dell'addio. Studi su E. Cioran (Aracne, pp.102, € 8.00), il filosofare del rumeno di Rasinari è quanto di più sincero ci possa essere, perché il suo pensiero è reale patimento, è conoscenza vissuta. Etica? Estetica? Dimenticate i sostantivi accademicamente corretti, e dimenticate il Dio che avete conosciuto - se ci riuscite - perché per entrare nell'universo di Cioran occorre armarsi del libro nero del pessimismo, non prima di essersi scaldati al buio di Leo- B pardi. Reale è il nulla. Cioran dice più o meno così e continua: la vita è assurda, noiosa e priva di senso. E conclude in bellezza: Dio? Dio non è buono ma scellerato. Perché se il mondo è a sua misura, né l'amore né la bontà gli appartengono.

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