Il Foglio Quotidiano
Il concetto di amicizia in Dante

mes amis, il n’y a nul amy”. Questo il moOnito preso a prestito da Montaigne (ispirato a sua volta da un celebre detto di Aristotele con tenuto nell’Etica Nicomachea) che risuona all’inizio di ogni capitolo del saggio di Jacques Derrida, Politiques de l’amitié, uscito nel 1994. Citazione che proviene da una sezione degli Essais, denominata, per l’appunto, De l’amitié, secondo un titolo che ripete, a sua volta, tutta una tradizione di titoli. Prima di nominare Aristotele, infatti, Montaigne aveva abbondantementeletto Cicerone, tanto il De Amicitia quanto le Tusculanes.
E’ tuttavia necessario precisare che ciò che comunemente denotiamo con il termine “amicizia” non aveva la stessa valenza per il mondo greco e per quello latino. Così a dire della studiosa Filippa Modesto, nella cui introduzione al suo lavoro Il concetto di amicizia in Dante (La trasformazione di un concetto classico), tiene a precisare quanto segue: “Vale la pena notare che la parola latina per amicizia, amicitia spesso si limita a indicare le relazioni tra gli amici, piuttosto che abbracciare la vasta gamma di significati indicati dalla parola greca philia”. Si tratta peraltro dei cardini sui quali si irradierà il saggio, che non vuole essere una summa – o tanto meno una fenomenologia della storia di come nasce (e si sviluppa in seguito) il sentimento dell’amicizia umana, ma tutt’ al più il tentativo – se non l’ambizione – di una analisi del concetto di amicizia in Dante, da come appare nella trilogia della Vita Nuova, del Convivio, e della Divina Commedia. In quest’ ultima – scrive Modesto – “l’amicizia collega l’umano e il divino, nella misura in cui secondo Dante gli esseri umani dovrebbero ricercare sia la perfezione terrena che quella spirituale”. […]

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