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Crotone: Una città al centro del Mediterraneo (secc. XVII-XVIII) di Vincenzo Cataldo
Il periodo di pace che contrassegnò il regno di Napoli dopo gli anni Venti del Cinquecento e la spinta demografica condussero la ripresa della lavorazione della terra su vasta scala. In questa nuova geografia, il Marchesato di Crotone riacquistò il suo antico primato di produzione cerealicola e del relativo commercio di esportazione soprattutto verso la capitale. La mancanza di strade e la permanenza di dogane e pedaggi via terra, favorì l’esportazione dei prodotti peculiari del Marchesato grano e formaggi mediante le rotte commerciali marittime.
Il porto conosce in questa fase della sua storia un’attività molto intensa. Lo testimoniano i numerosi protocolli notarili, attraverso cui si colgono gli aspetti più profondi di un commercio connesso con le più grosse marinerie in circolazione nel Mediterraneo. Gli armatori napoletani, in modo particolare, si spingevano lungo le coste orientali della penisola per incettare innumerevoli quantità di grano destinato all’annona della capitale, sempre alla ricerca di risorse per sfamare la numerosa popolazione.
Tra Sei e Settecento predominano le navi commerciali che veicolano merci come grano, olio, vino, legname, manna dalla costa pugliese e dalla Calabria verso l’area napoletana. Le navi da trasporto più frequenti che giungono nel porto crotonese sono le tartane, grosse barche da carico con lo scafo a forma piena ad un solo albero ed un equipaggio formato da circa 10 marinai. La tartana poteva trasportare fino a 3.000 tomolate di cereali. Le tartane nel XVII secolo rappresentano un quarto di tutto il naviglio attraccato al porto di Crotone; nel Settecento sono più della metà. Questa imbarcazione dalla metà del ‘700 in poi sarà sostituita con la marticana, un veliero di maggiore portata con un equipaggio formato pressappoco dallo stesso numero della tartana: il patrone, due timonieri, uno scrivano, un nostromo, un pilota ed alcuni marinai. […]
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