La Chimica e la Società
Saggi: Donne che hanno fatto grande la chimica
La prima volta che ci si scontra con la legge di Avogadro o con la tavola periodica di Mendeleev viene spontaneo pensare che si tratti di risultati scientifici ottenuti da uomini. Una tendenza determinata da ragioni storiche l'accesso delle donne all'istruzione e al mondo accademico è avvenuto tardivamente e faticosamente - ma anche dal pregiudizio, purtroppo ancora diffuso, che considera le donne meno inclini alle cosiddette “hard sciences” come chimica, fisica, matematica, biologia.
“Fino agli inizi del secolo scorso, il pieno accesso agli studi universitari non era consentito alle donne dei Paesi europei ma anche gli istituti secondari erano diversificati, i licei riservati ai maschi e le femmine destinate a scuole per giovanette, dove veniva insegnata economia domestica e come gestire mariti e figli”, esordisce Rinaldo Cervellati, già professore di chimica all’Università di Bologna e autore di articoli divulgativi, nel volume “La chimica al femminile” (Aracne). L’opera prende le mosse da una serie di precedenti monografie dell’autore per la sezione “Scienziate che avrebbero dovuto vincere il premio Nobel” del blog della Società chimica italiana.
Il volume raccoglie le biografie di quarantuno donne, ordinate per data di nascita, escludendo volutamente “star” come Marie Sklodowska Curie, Irène Joliot Curie e altre studiose insignite del premio Nobel, per le quali esiste una cospicua letteratura saggistica e biografica. Tra le protagoniste troviamo Rosalind Franklin (1920-1958), il cui lavoro solo di recente è stato riconosciuto come fondamentale per la scoperta della struttura a doppia elica del Dna di Watson e Crick: la cristallografa pubblicò tale ipotesi assieme al suo dottorando Raymond Gosling nel 1953, un mese prima dei colleghi insigniti col Nobel, i quali avevano “tratto ispirazione” dal lavoro di Franklin e Gosling. illustrato loro da Maurice Wilkins, uncollega in competizione con la Franklin. […]