Medioevo Latino
Un nuovo lessico morale medievale

Oggetto dello studio è la traduzione latina di Burgundione da Pisa del De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno, con attenzione al metodo di lavoro e alla sua ricezione nella teologia e nella filosofia nelXII e XIII secolo. L’A. contestualizza la traduzione di Burgundione sulla base dei dati biografici dell’autore, della sua metodologia e del panorama culturale e politico dei secoli in questione.
Nella prima parte dello studio si dà notizia della biografiaa di Burgundione, dei suoi studi e della sua attività di giudice e diplomatico. Un’attività diplomatica svoltasi anche a Costantinopoli e che, oltre ad accrescerne fama e prestigio, arricchì la sua biblioteca personale di codici greci. Dalla ricostruzione biografica si evincecome il traduttore si giovò dei rapporti con gli ambienti romani, della rinnovata apertura di Costantinopoli al mondo latino e della capacità di Pisa di proporsi come campo neutro negli incontri tral’impero, Roma e, appunto, Costantinopoli. L’aderenza al testo originario greco è identificata come caratteristica primaria del metodo traduttivo di Burgundione. La traduzione fu resa quanto piùpossibile letterale, in linea con la lezione di Agostino (che ne spiega la valenza nel De doctrina christiana). Quest’aderenza fu possibile grazie al numero copioso di manoscritti greci collezionatidal traduttore pisano; cosa che gli permise il contatto con la tradizione aristotelica e, in particolare, con l’Ethica Nicomachea (il testo che meglio si adatta alle varianti della traduzione di Burgundioneè contenuto nel ms. Firenze, Laurenziana, Pl. 81.18). Contesto e metodo di lavoro permisero a Burgundione di tradurre l’opera del Damasceno creando un lessico che potesse rendere inlatino la diversità - e in un certo senso la novità - terminologica e concettuale presente del De fide orthodoxa. L’A. esamina nello specifico il De fide orthodoxa sottolineando la modifica che Burgundioneapportò all’impianto aristotelico relativamente al ruolo della volontà, del libero arbitrio e dell’atto morale.
Tale analisi evidenzia la serie di passaggi concettuali e di autori che influenzarono il Damasceno (tra cui Nemesio di Emesia e Massimo il Confessore). Per sottolineare il metodo di Burgundione alcuni passi del testo greco sono poi confrontati con la traduzione latina, e l’A. si sofferma sull’uso e sulla traslazione dei concetti di voluntas, boulv hsi~ e qelv hsi~.. Mostra come la traduzione sia stata solo l’ultimo tassello, il frutto, di un più lungo lavoro di comprensione della produzione filosofica e teologica greca.
Lo studio prosegue poi concentrandosi sulla diffusione e sulla ricezione di questa traduzione. Il De fide orthodoxa si diffuse velocemente, aiutato dall’autorità di Eugenio III che ne aveva richiesto la traduzione. Il legame tra quest’opera e il pontificato di Eugenio III è preso a modello per spiegare la circolazione del testo per poi passare alla sua ricezione. Se la diffusione è attestata dai rimandi al Damasceno fatti da Pietro Lombardo nelle Sententiae, dallo pseudo Pietro di Poiters (Glossae super Sententias) e da Stefano Langton (Quaestio de libero arbitrio), diversa fu la ricezione. […]

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