L’Indice
Loredana Magazzeni, Operaie della penna. Donne, docenti e libri scolastici fra Ottocento e Novecento

“Il volume di Loredana Magazzeni affronta un tema di grande interesse per quanto riguarda la storia dell’educazione di genere, poiché fa emergere – sfatando peraltro visioni precostituite – quei modelli identitari, trasmessi da donne a donne, attraverso una professione-docente, nell’ambito della quale la presenza femminile è stata per lungo tempo scarsamente valorizzata o perlomeno considerata in termini negativi”: così l’incipit della prefazione che riassume in poche parole un lavoro dettagliato, lenticolare direi, volto a illustrare e valutare la presenza della pubblicistica scolastica di mano femminile fra gli anni precedenti l’Unità d’Italia e la prima guerra mondiale.
La struttura del lavoro è di per sé di commento alla complessità del tema affrontato: da un lato, a partire dal fondo del volume, si parla di alcune “eccellenze” (una per tutte, Emma Boghen Conigliani, animatrice di un gruppo di lavoro impegnato nella realizzazione di una delle prime antologie italiane, l’Antologia italiana Bemporad, appunto); dall’altro si illustrano alcuni momenti pubblici di particolare visibilità, come l’Esposizione nazionale femminile Beatrice, che si tenne nel 1890 a Firenze, intitolata alla Beatrice dantesca; dall’altro ancora si pone l’accento sul dialogo che Magazzeni sa instaurare fra nuove professionalità femminili, libri di testo e attività editoriali creative. Tenuto conto delle diverse collocazioni geografiche, rispetto alle quali si differenzia la crescita numerica delle donne che si dedicano alla scrittura (ai primi posti il regno lombardo-veneto, ma anche Bologna, Napoli e Palermo) e esaminate le trasformazioni storiche e dello sviluppo dei dibattiti sull’emancipazione, il risultato originale cui questo lavoro approda utilizzando le conoscenze che alla sua autrice provengono dalla frequentazione degli studi delle donne e dalla conoscenza dei numerosi saggi sul tema di cui ormai si dispone, consiste in particolare nell’evidenza delle costruzioni di reti fra donne intellettuali e fra i loro saperi. Quelle donne, che con il lavoro di insegnanti e di autrici di manuali scolastici, hanno collaborato alla costruzione dell’identità nazionale non sono più da intendersi come passive trasmettitrici (solo) di valori patriarcali, ma hanno cominciato a introdurre, in quel tornante di secolo, nuovi valori e nuovi punti di vista nell’ambito pedagogico e scolastico, a cominciare dalla presenza a scuola dei loro corpi fisici. Un percorso accidentato, nel quale gli ostacoli non sono provenuti solo da fonte maschile. Un’attenzione particolare – e dovuta, dal momento che non se ne parla mai abbastanza – è riservata al fenomeno della donne traduttrici: poiché nei fatti pochissime di loro potevano accedere agli studi classici (annota Magazzeni, traduttrice lei stessa, che insieme ad alcune compagne di strada ha di recente firmato per Le Lettere la traduzione di testi poetici di Audre Lorde), si dedicavano all’apprendimento delle lingue straniere moderne. Femminilizzazione di un lavoro di competenza e cura che ha radici lontane.
Per concludere cito dall’explicit di Magazzeni stessa, che scrive: “in questa ‘svestizione’ dai panni tradizionali, non più eroine risorgimentali e non ancora donne emancipate, saranno esse le madri delle grandi scrittrici del Novecento, quelle che sulle antologie finalmente ci sono”. […]

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