Studi e problemi di critica testuale
Leopardi bibliografo dell’antico. Un’inedita lista giovanile degli autografi napoletani

L’accoppiata ‘genio e sregolatezza’ non vale per Leopardi: amava l’ordine, la precisione, il rigore (eredità materna); aveva l’abitudine di redigere indici dei suoi scritti e delle sue pubblicazioni, di prendere nota dei suoi disegni letterari («fo tanti disegni, che a voler colorire e terminare quei soli che ho, non solamente schizzati, ma delineati, fo conto che non mi basterebbero quattro vite», a Pietro Giordani, 5 genn. 1821), di compilare elenchi delle sue letture, fatte o da fare.
Come molte persone dedite allo studio, aveva l’abitudine di prendere appunti, che poi riversava nel suo… diario di bordo, lo Zibaldone, almeno nei primi anni; dopo, presumiamo, il suo «scartafaccio» era sempre aperto sul suo tavolo, pronto a ricevere annotazioni cursorie o riflessioni a vasto raggio, dall’antropologia, alla filosofia, alla letteratura, alla filologia, con rari cenni alla sua vita intima e ancor più rari alla sua officina poetica. Solitamente gli appunti, una volta utilizzati, li si cestina; spesso si cestinano anche quelli che col passare del tempo e l’inevitabile mutare degli interessi, risultano non più utili. Non agiva così Leopardi, il quale, allontanandosi dalla casa paterna nella primavera del 1830, fermo nella decisione di stabilirsi altrove, aveva portato con sé il suo… corredo, le poche cose indispensabili per la quotidianità, e tutte o quasi le carte che recavano traccia del suo lavoro intellettuale dopo il 1815 (vedi le lettere a Carlo da Bologna, 29 nov. ’25 e 13 febbr. ’26), anche quelle che a un primo bilancio gli erano parse da «bruciare senz’altro». Sono le ben note Carte napoletane, rimaste al Ranieri, il quale le lascia in eredità alle sue domestiche, quindi contese dalla famiglia Leopardi, e infine, con sentenza della Corte di Cassazione, assegnate allo Stato italiano e custodite presso la Biblioteca Nazionale ‘Vittorio Emanuele III’ di Napoli. Le cose più importanti videro la luce negli Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi dalle carte napoletane (Firenze, Le Monnier, 1906; qui a p. 467 anche l’elenco degli scritti condannati al rogo), usciti a cura della commissione governativa presieduta dal Carducci, che pochi anni prima, 1898-1900, aveva procurato, con i sette volumi dei Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, la prima edizione dello Zibaldone. Altri testi sono apparsi in varie occasioni, soprattutto le mostre e i convegni per il bicentenario della nascita del poeta. Marcello Andria e Paola Zito vantano un indiscutibile primato come conoscitori e editori di carte prima trascurate, e l’ultima loro impresa non è delle meno impegnative, e significative.

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