
Tempermente - recensioni letterarie
Soltanto per loro - Leonardo Caffo
«L'esclusione degli animali dalla sfera morale non è giustificabile razionalmente, è frutto di puro e semplice pregiudizio specista». Queste le parole del filosofo australiano Peter Singer, autore di Liberazione animale, testo del 1975 che scardinò il mito della fattoria felice. Grazie a Singer e ad altri antispecisti si prese coscienza, per la prima volta su larga scala, di ciò che accade davvero negli allevamenti. Prima degli anni Ottanta, infatti, alla voce "˜animalista' i vocabolari riportavano solo «chi dipinge e scolpisce soggetti animali». Ma la rivoluzione culturale, ideologica e linguistica che ne derivò non scaturì dalla mera informazione, bensì dalle argomentazioni filosofiche e politiche a sostegno dell'animalismo. Facciamo ora un balzo fino ai giorni nostri, perché un taglio analogo si riscontra anche in un saggio di recente pubblicazione: Soltanto per loro, di Leonardo Caffo. Si tratta, come recita il sottotitolo, di Un manifesto per l'animalità attraverso la politica e la filosofia.«Deve essere chiaro sin da subito che essere animalisti significa fare una scelta politica. Una scelta che muove da profonde riflessioni filosofiche ma che è, innanzitutto, una scelta politica». Il manifesto di Caffo si apre così, sostenendo che essere animalisti in senso forte vuol dire battersi per i diritti di tutti gli animali e su tutti i fronti. Nulla a che vedere, quindi, con quell'animalismo "˜debole' che tenta di estendere la sfera dei diritti principalmente alle specie nelle quali è possibile rintracciare delle caratteristiche antropiche (le quali, sole, renderebbero gli animali degni di una qualche considerazione). Se la vita degli animali - di ogni animale - perde il suo valore intrinseco è anche a causa di taluni argomenti; e certi animalisti, ancorché utilitaristi, sono molto chiari in proposito: gli animali che non sembrano provare dolore non sono degni di considerazione morale (si pensi che lo stesso Singer, dopo esser diventato vegetariano, continuò a mangiare per molti anni ostriche e altri molluschi). Ma, fa notare Caffo, milioni di specie non potranno mai esser difese da un approccio che le esclude già in partenza.Altro interessante punto, seppur affrontato appena, riguarda la differenza tra antivivisezionismo scientifico («una teoria poco proficua che può, addirittura, arrecare danni ai difensori dei diritti animali») ed antivivisezionismo etico («che non basa le sue ragioni sull'inutilità di certa ricerca ma sull'universale valore della vita animale»). Quello della sperimentazione animale è certamente un tema tra i più delicati, ma un punto di congiunzione tra diversi orientamenti, si auspica, potrebbe quantomeno esser trovato nel ridurre tutti quegli esperimenti che non sono affatto necessari per la salute dell'uomo. La questione, ovviamente, è molto complessa, ma l'autore, nonostante la giovanissima età, dimostra di avere spalle larghe e intelletto fine: le sue argomentazioni sono rette da una grande logica e da una grande onestà intellettuale, al punto che, grazie a una scrittura che definirei dotata di anticorpi, è praticamente impossibile muovergli una qualsivoglia obiezione, essendo ogni tesi da lui esplicata già comprensiva della sua antitesi.«Lo specismo non è un pregiudizio superabile con l'evolversi della cultura, ma con un cambiamento strutturale della cultura stessa». Ecco allora l'importanza assunta dal linguaggio e dall'ipotesi della relatività linguistica di Sapir-Whorf, per la quale il modo di parlare influenza il modo di pensare. Se il linguaggio influenza il pensiero, allora il gap, la frattura ontologica, che ci separa dagli animali (ma che di fatto non esiste, se non nella nostra forma mentis) non potrà scomparire fino a quando non avremo depurato il linguaggio dal suo specismo di fondo (cioè fino a quando non cesseremo di adoperare il termine "˜animale' come un dispregiativo tra uomini). Il proposito di questo manifesto - debellare definitivamente lo specismo e costituire delle comunità antispeciste - è certamente arduo, ma sarebbe un errore sottovalutare in partenza la portata di argomentazioni razionali così ben formulate, che partono dalla genesi dello specismo e che, passando per la storia delle religioni e l'antropologia culturale, arrivano alla biopolitica e alla filosofia morale.
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