Eclipse Magazine
Intervista a Marilena Delli

L’esperienza personale biografica di Marilena Delli, afro-italiana divisa a metà, in “Razzismo all’italiana”.

Provocatoria, Marilena Delli definisce Razzismo all’italiana, “un libro dal contenuto pericoloso”. Poi lascia il lettore in sospeso con un interrogativo altrettanto irriverente e provocatorio: “Chissà se quando questo materiale sarà autorizzato alla pubblicazione, gli stranieri avranno finalmente diritto alla cittadinanza?”. Con simpatia si definisce “chiacchierona, disinvolta, allegra”.
Del resto tutte le offese, i soprusi verbali, le angherie subiti negli anni sono duri da digerire. Difficile resistere e non buttarsi giù da un ponte, come dice nel primo capitolo, quanto il primo giorno di scuola elementare ti chiamano “negretta” perché sei mulatta e vieni anche richiamata e tua madre convocata. E la sua non è neppure una storia di fantasia sul sentito dire, o da racconti rielaborati di qualche parente o amico. Lei è 100% italiana, ma metà bianca e metà nera. Nomade in cerca della propria identità come la famiglia, costretta a continui trasferimenti. E intanto c’è chi, come la madre, cerca di reinventarsi europea ed occidentale tout court, nei cibi, ma anche con saponi sbiancanti e disarriccianti per capelli. Un amore-odio per l’Italia che, comunque, nonostante tutto, rimane la “sua unica” terra d’origine, anche se l’essere cresciuta a Bergamo non l’ha facilitata. Gente come lei e come suo padre e sua madre hanno dato nuovo lustro e vigore all’Italia, “spaccandosi la schiena” per lavorare onestamente. Eppure, sin dalla nascita, Marilena appare agli occhi di tutti “una bambina così diversa” da tutte le altre. Dai genitori e dal padre Marilena ha appreso l’importanza della libertà di essere se stessi; ma “anche la mia indipendenza, il mio non dar niente per scontato, il lavorare sodo per raggiungere un traguardo, il buonumore”. La tenacia di chi ha lottato per la sopravvivenza contro la fame, la mancanza di acqua calda, di elettricità e di soldi. Persone trasparenti e oneste, umili, che hanno assistito alle atrocità della guerra, dei genocidi (come quello del 1994 che ha fatto circa 10mila morti), con gravi lutti, ma hanno saputo conquistarsi il diritto di voto, con la voglia di studiare e fare carriera, istruiti e capaci.

Un libro che vanta il supporto di personalità quali l’on. Kyenge, Idris Sanneh, Stella Jean, la dott.ssa Emanuela Casti. Ce ne può parlare?
Per quanto riguarda le collaborazioni, posso dire che ognuna di esse è stata preziosa. L’on. Cécile Kyenge è un’ispirazione per tutta la comunità afro-italiana: guardando a lei ho capito che è possibile cambiare e allargare gli orizzonti; un politico di origini africane in Italia è un modello importante, che dà speranza e fiducia nel futuro, aiutando ad abbattere i pregiudizi e il razzismo che spesso dilaniano il nostro Paese. Crescendo ho sempre avuto fame di modelli positivi neri, per questo mi sono rivolta a lei per scrivere la prefazione del mio libro. Mi riconosco in lei, nella sua famiglia, nelle sfide che ha dovuto affrontare per integrarsi.
Lo stesso discorso vale per Idris Sanneh, uno dei primissimi showman africani sul nostro schermo. Lo stimo e ammiro tantissimo, per avermi fornito un modello positivo e intelligente in cui riconoscermi.
Stella Jean è l’emblema della comunità afro-italiana di oggi: incarna entrambe le culture con una classe unica. Il connubio Italia-Haiti emerge con forza e bellezza nel suo lavoro; a lei ho pensato per rappresentare il meglio dei nuovi italiani, il futuro dell’Italia.
La dott.ssa Emanuela Casti è stata la mia professoressa di Geografia in Università: con lei ho scritto una tesi sulla tribù Ayao in Malawi. Grazie anche a lei mi sono riavvicinata alle mie origini africane, frutto di una trasformazione graduale (come spiego nel capitolo IV “La mia trasformazione da ragazza bianca a ragazza nera”).


Interessanti e particolari anche le vignette che ha voluto inserire. Un commento?
Ogni vignetta nasce dalla mia passione per il disegno ed è ben studiata per rappresentare al meglio ogni capitolo. La prima, il bacio tra una donna bianca coi capelli lisci e una donna nera coi capelli ricci, è forse la più provocatoria: rappresentano due identità, diverse ma compenetranti. Sono due facce della stessa persona: la prima rappresenta la Marilena italiana, quella dalla pelle chiara e il capello liscio, come il suo papà e tutte le persone del Paese in cui è nata e vive. La seconda è la Marilena ruandese, dall’incarnato scuro e i ricci naturali, come la sua mamma. E queste due persone, queste due culture, sono spesso state in lotta tra loro e solo ora, dopo 30 anni, hanno finalmente imparato a convivere. Sono nata in un contesto privo di colore; la consapevolezza del mio essere nera è nata a scuola, quando i miei compagni mi regalarono l’appellativo di “negretta”. Essendo oggetto di insulti per via di questa nerezza, ho tentato in tutti i modi di lavarla via: col sapone sbiancante, col disarricciante, circondandomi di persone e contesti italiani al 100%. Solo all’università mi sono riavvicinata alle mie radici africane e col tempo ho imparato ad apprezzarle e valorizzarle, anche se è stato un passaggio graduale (lo spiego bene nel capitolo IV: “La mia trasformazione da ragazza bianca a nera”). Oggi posso dire di aver trovato il mio equilibrio e di quegli insulti ho fatto il mio punto di forza: il mio bagaglio culturale, l’eredità dei miei genitori, è ciò che mi rende unica e speciale. E come me lo sono i tanti ragazzi che vivono in Italia e hanno genitori di origine straniera, i nuovi italiani. Questo libro è indirizzato a loro, e io nel mio piccolo ne do voce, perché ne faccio parte anch’io.

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