Intelligence Colletiva
Glicerio Taurisano: Intelligence e sistema di informazione nella Repubblica Italiana

Edito dalla Casa Editrice Aracne, per la collana Laboratorio di Politica, il volume sul Sistema di informazione italiano sta riscuotendo importanti consensi tra studiosi, amatori e curiosi della materia. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

«Il perché si scrivono libri risiede nella condizione di raccontare qualcosa e quando l’interesse è fare cultura, i libri diventano un piacere scriverli, ma ancor più leggerli. In Italia esiste una consistente produzione letteraria ben distante dal raccontare strutture, storie, personaggi e contesti relativi ai Servizi di Informazione, testi i quali si abbelliscono essenzialmente di complotti, deviazioni e oscure operazioni. Occorreva dunque, e i tempi sono giusti, un testo che portasse aiuto ai pochi libri oggi pubblicati sulla cultura e sulla conoscenza di questo organismo, con l’umile ambizione di proporre una lettura dell’Intelligence in maniera più rigorosa e quindi pronta ad accogliere metodi scientifici per la sua evoluzione, per la sua predisposizione a nuove strategie di raccolta e analisi delle Informazioni, utili alla sicurezza della Nazione».

Il volume si presenta subito interessante sia per la copiosità che per il contenuto il quale, diviso in sei capitoli, percorre un tragitto storico, culturale e scientifico per argomentare di Intelligence e sicurezza nazionale e lo fa avvalendosi della storia, della filosofia e della scienza. Perché queste tre componenti?

«Sono pilastri fondamentali per addivenire verso un unico pensiero di valutazione del testo, senza innescare ideologie o parvenze fuorvianti dallo scopo che il volume si prefigge, ovvero fare cultura; per cui solo attraverso l’innesto di queste tre componenti poteva essere trovato il filo conduttore tra ciò che nel passato hanno rappresentato i servizi segreti e ciò che invece rappresentano oggi i Servizi di Informazione. Inoltre, come spesso sostengo, occorre parlare un po’ di più dell’Intelligence italiana e magari riferirsi a quella di altre nazioni solo per comparazione di studi; quindi la storia e la scienza, coadiuvate dalla filosofia, costituiscono un ottimo percorso per raggiungere risultati soddisfacenti, non solo nell’immaginarci una Intelligence più preparata ma anche per costruire una profonda cultura».

Quali difficoltà ha trovato nell’elaborare la sua opera e soprattutto, da cosa si differenzia, secondo lei, questo nuovo libro sui Servizi segreti italiani da quelli già esistenti?

«Innanzitutto non lo indicherei come un nuovo libro, ma un nuovo “percorso di conoscenza” che era alla portata di tutti, ma che non abbiamo avuto l’ardire di intraprenderlo, di scriverlo e raccontarlo. La letteratura che abbonda in Italia sull’organismo di sicurezza nazionale è pressoché finalizzata a manifestare contrarietà ai Servizi di Informazione, specialmente per gli ultimi 40 anni del ventesimo secolo, fatto salvo per quei pochi libri i cui autori hanno avuto il coraggio storico e sociale di raccontare, attraverso documenti e fatti, una responsabilità storica che spesso è sfuggita ai promotori delle deviazioni e dei complotti, che ancora oggi spargono storie e racconti di insana credibilità. Inoltre i pochi testi che argomentano di Intelligence, e lo fanno anche bene, pianificano le loro analisi e teorie attraverso una sorta di persuasione che si sta parlando ad un pubblico già edotto su quest’arte, in pratica non è così e quindi c’è necessità di iniziare dal principio, conoscere cos’era lo spionaggio, dove, quando e perché veniva esercitato, sapere delle strutture dei Servizi, come operano, chi sono, quali ruoli hanno nella sicurezza nazionale e infine l’Intelligence, cos’è, perché è importante, chi deve esercitarla, chi ne deve usufruire e cosi via. Ecco perché questo libro ha scelto un raccontare forse non usuale delle strutture e dei direttori dei Servizi di Informazione, al fine di concedere con rispetto a tutti i lettori la possibilità di riformulare, qualora lo ritengano ovviamente utile e condivisibile, una nuova idea su cosa sono stati i Servizi segreti italiani di ieri e cosa sono e rappresentano le Agenzie di sicurezza nazionale oggi. Qui forse cade anche la difficoltà nello scrivere questo volume, trovare un metodo che seppure esponesse le sue idee con convinzione storica, di ricerca e studi, non estraniasse quelle dell’altrui pensiero ma si proponesse invece come un contenitore dialogico e culturale».

Nel suo libro illustra di come, soprattutto nel passato, l’opinione pubblica abbia talvolta erroneamente associato i Servizi di informazione a qualcosa di “deviato”. Come ha affrontato questo argomento?

«Innanzitutto occorre fare una precisazione, non sono stati i Servizi segreti a deviare, caso mai e probabilmente sono stati alcuni uomini che hanno operato in questi organismi o per lo più chi doveva utilizzare le informazioni da questi prodotte. Il testo inizia il suo percorso sin dal tempo più remoto proprio per definire cos’è e cosa si intende per deviazione, oltre a dimostrare che spesso è tornato molto utile questa dicotomia per i più disperati scopi di potere o destabilizzazione; quindi si interfaccia con gli episodi più significativi che hanno segnato l’Italia del terrore e con una politica che probabilmente avrebbe dovuto e potuto fare molto di più sul fronte della comunicazione, al fine di distinguere l’istituzionalità dei Servizi con il disertare il dovere istituzionale di alcuni soggetti».

Nel suo libro vi è una consistente parte che rispolvera storia ed episodi, non solo delle due grandi guerre, ma anche dei periodi ante e post Unità d’Italia. Cosa pensa della “Storia”?

«La storia è la grande madre che instancabilmente feconda conoscenza e spesso questo lo dimentichiamo, per cui mi è stato indispensabile, al fine di disegnare un quadro completo e soprattutto conoscitivo sulla utilità dei Servizi di Informazione, interessarmi alla ricerca storica ed offrire così un panorama molto più ampio rispetto alla sola descrizione degli anni più recenti. Un lavoro questo che è stato abbondantemente facilitato dalle ultime ricerche e pubblicazioni di insigni ricercatori nonché dalla disponibilità degli archivi storici e militari. Inoltre la storia dell’Intelligence tra il periodo ante e post Unità d’Italia è colma di attività di ricerca informazioni, di controspionaggio e di deception, che spesso hanno interagito profondamente sulle politiche nazionali ed internazionali, a volte con risultati efficaci e positivi, certe altre invece producendo risultati avversi, ma comunque sono state attività che hanno permesso, in seguito, di far evolvere in positivo l’Intelligence italiana».

La prima parte del libro si conclude con le statistiche della fiducia degli italiani verso il Sistema di Informazione, le quali attualmente sono di tutto rispetto. Anche l’Istituto di Ricerca Eurispes, in un suo sondaggio pubblicato di recente, ha evidenziato come oggi i cittadini abbiano fiducia dell’Intelligence italiana: ebbene, secondo lei perché solo oggi gli italiani stanno dimostrando questo positivo giudizio?

«C’è da dire che non è del tutto vero che solo oggi gli italiani manifestano credibilità, stima e fiducia verso il nostro Sistema di Informazione o se si preferisce verso i Servizi segreti; ciò è accaduto già per altre strutture prima dell’Unità d’Italia così come durante la prima guerra mondiale, in quest’epoca almeno per la sola società civile, un po’ meno negli ambienti militari come il testo racconta, per cui possiamo dire che si sono alternati momenti di fiducia a periodi di diffidenza, a seconda dei contesti storici, politici e sociali; dati che non sono riscontrabili per mezzo di indagini demoscopiche ma solo attraverso una profonda analisi dei testi storici e documenti antichi. Tuttavia è solo in questi anni che grazie all’innovazione e alla riorganizzazione di tutto l’apparato di sicurezza che il Sistema Informativo sta beneficiando di straordinarie e profonde considerazioni da parte dei cittadini, ne abbiamo ufficialità dall’istituto di ricerca Eurispes, grazie all’impegno del DIS, che tramite la Scuola di Formazione incontra i giovani italiani nelle Università e nelle Scuole promuovendo la comunicazione istituzionale e la cultura di Intelligence».

Relativamente all’Intelligence, attraverso quale procedimento viene argomentata nel testo? Quali sono le nuove considerazioni scientifiche che lei rapporta ad essa?

«Oggi parlare di Intelligence è diventato luogo comune, ciò per chi sostiene la sua cultura è cosa gradita, tuttavia vi sono ancora alcuni spazi vuoti tra la sua reale comprensione e le tante interpretazioni che si sovrappongono, specialmente quando ci riferiamo all’attività di Intelligence istituzionale, per cui anch’essa ha dovuto beneficiare di un punto di inizio storico, ovvero la sua genesi, la sua evoluzione e le sue interpretazioni, a volte giuste altre no; ogni parola nasconde una storia e contestualmente una domanda e quando queste si incontrano non possono che generare un solo campo d’azione, l’interesse ad indagare e l’investigazione genera anche il dubbio, in questo caso: l’Intelligence è un processo o un risultato? È un’arte o una scienza? Il testo anche qui vuole dare il suo contributo e lo fa contenendosi nei parametri storici, strategici e metodologici. Relativamente alle considerazioni scientifiche, il libro oltre ad interfacciarsi con gli studi di eccelsi ricercatori si spinge fino a proporre in maniera delicata alcuni concetti, studi e paradigmi scientifici, se non altro per manifestare la elementarità della disciplina scientifica in questo settore e di quali e quanti risultati può produrre la ricerca scientifica per nuovi modelli di Intelligence, di Sicurezza e Difesa».

Oltre alla dizionaristica definizione del significato di Intelligence, come la spiegherebbe lei? Cosa è per lei l’Intelligence?

«L’Intelligence è in quanto tale, ovvero basta restare nei canoni specifici della sua etimologia e scoprire quanto semplice sia spiegare il suo significato, anche se condivido molto una frase del prof. Sidoti dell’Università dell’Aquila: ”l’Intelligence è più semplice impararla che insegnarla”, ma ancor più se a questo aggiungiamo cultura, ossia il predisporci alla conoscenza e al suo impiego in tutte le cose che interessano l’uomo e la sua Nazione, il quadro esplicativo diventa ancora più semplice. Tuttavia una quasi filosofica definizione di Intelligence istituzionale, ma con presunzione scientifica, il testo la offre sin dall’inizio del capitolo ad essa dedicato e si preannuncia con la seguente nota: L’intelligence è quel complesso studio pluridisciplinare che dà vita a un’attività, nella quale un modello di pensiero si manifesta per predisporla all’esercizio della sua funzione, immergendo la sua peculiarità di sintesi nell’enorme contenitore della conoscenza, per il beneficio della sicurezza nazionale».

Nel volume lei parla anche di Intelligence Investigativa, ci può spiegare cosa è esattamente questa attività?

«Precisiamo intanto che occorre non confondere l’Investigazione con l’Intelligence: la prima ha un compito conoscitivo – repressivo, la seconda informativo – valutativo e preventivo. Tuttavia le due scienze ben possono operare in sintonia, coadiuvandosi a vicenda, a patto che in questa pratica sia presente una precisa condizione, l’osservazione. Dunque l’Intelligence Investigativa è un supporto sia per la prevenzione che per la repressione del crimine; ne sono stati esempi in Italia le indagini per la lotta al terrorismo del Gen. Dalla Chiesa, quelle contro la mafia dei Ros del Gen. Mori e le azioni del Capitano Ultimo oppure lo straordinario lavoro del Pool Antimafia di Falcone e Borsellino, operazioni in cui questi straordinari uomini dello Stato ben avevano inteso l’utilità dell’Intelligence a supporto delle investigazioni. Attualmente tutte le Forze di Polizia utilizzano metodi e strategie di Intelligence nelle loro attività per l’antiterrorismo, l’anticrimine e la prevenzione delle rapine, quest’ultima oggi beneficia di uno straordinario strumento di Predictive Police: il KeyCrime, il software ideato dall’Assistente capo Mario Venturi e attualmente in uso presso la Questura di Milano con notevoli risultati, il quale ben potrebbe essere finalizzato anche per attività di Intelligence Investigativa».

Concludendo, il libro è dedicato alla memoria di un ex direttore del Sismi, l’Amm. Fulvio Martini. Perché questa scelta?

«L’Ammiraglio Martini ha una intensa storia nei Servizi ed è stato, possiamo dire, il precursore della cultura di Intelligence, oltre che un conoscitore del sistema informativo non solo italiano ma di tanti altri paesi. I suoi tanti anni nella Marina Militare Italiana e nel Sismi hanno fatto si di segnare una forte rispettabilità verso la sua persona, anche da parte dei Servizi segreti di tante nazioni che lo stimavano molto, ciò è ben documentato nel libro e questo grazie alla sua devozione verso il dovere istituzionale e all’amor di Patria, nonché al suo essere galantuomo. Tuttavia l’Amm. Fulvio Martini, come tanti altri, poco o per nulla viene ricordato e poiché la sua straordinaria figura e le sue attività di intelligence riconciliano un po’ le epoche di tutte le strutture dei Servizi, passati e attuali, riflettendo altresì l’operatività di uomini e donne che hanno e continuano a lavorare nel silenzio e nel totale anonimato, senza né glorie né onori, ho voluto attraverso questo grande Ufficiale e Gentiluomo distribuire la dedica del libro anche a tutti coloro che hanno operato ed operano nella sicurezza nazionale con senso di stato e istituzionale».

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