Evaristo Seghetta Adreoli
Quadri di donne di quadri

Quando ho iniziato a leggere questo libro, ho voluto seguire il consiglio che l’autrice da in premessa, circa il fatto di provare a scegliere un racconto estraendolo dalla successione numerica, così come si estrae una carta dal mazzo. In effetti l’affidarsi alla “Sorte” è una buona tecnica di lettura, per quel che riguarda un libro di racconti e in particolare questo libro. La carta-racconto estratta è stata quella di Interstizio (pag.33) ed essa ha fatto da apripista a tutto il resto. La Sorte incombe con tutto il proprio peso sulle vicende narrate e gli accadimenti trovano matrice tanto nella casualità che nella necessità. Per quanto mi riguarda non ho pretese da erudito di compiere un’analisi critica di alto spessore, dato che altri, in varie recensioni hanno fatto meglio di me. Vorrei solamente prestare la mia chiave di lettura facendo leva sulla mia inclinazione a cogliere gli aspetti poetici e ad interpretare, a livello di sensazioni, gli scritti di Cinzia. Sicuramente è molto apprezzabile, breve e chiarificatrice la nota di prefazione ad opera del Prof. Andrea Matucci, docente di letteratura italiana presso l’Università di Siena. Ebbene, senza che io riveli le trame dei racconti descritti, poiché rovinerei la sorpresa che le storie stesse ci riservano, cercherò di rendere partecipi i presenti al mio entusiasmo, tramutato poi in passione, man mano che leggevo queste pagine. Questi racconti hanno un non so che di evocativo, hanno la capacità di portarci lontano, più nel tempo che nello spazio. Essi ci avvolgono e ci coinvolgono e alla fine della lettura ci lasciano un senso di nostalgia, di improvvisa solitudine, che ci inducono ad iniziare da subito il racconto successivo finché non terminiamo il libro stesso. E allora sì che ci sentiamo totalmente innamorati e siamo tristi nel chiudere l’ultima pagina. Per fortuna, similmente ai dischi della musica preferita che possono essere ascoltati più volte, i racconti possono essere riletti, nell’occasione propizia, quando il cuore lo desidera. Essi ci faranno compagnia per sempre o, quantomeno, fin tanto che Cinzia non ne scriva di nuovi.
Il libro Quadri di donne di quadri, di Cinzia Della Ciana (Aracne 2014), si compone di tredici racconti la cui brevità non deve indurre in errore. Essi sono un condensato di riflessioni di ampio respiro ben incastonate in quelle carte da gioco, anch’esse dipinte dalla poliedrica autrice, che ci sorprende sempre più con questa sua magica versatilità . Ogni racconto è preceduto da aforismi, massime e citazioni che ben si addicono al prosieguo della lettura, quasi un viatico per la comprensione dei personaggi e aiutano il lettore fornendogli una chiave filosofica di ciò che si appresta a leggere. La scrittrice è anche appassionata di musica e la sua formazione presso il Conservatorio, avvenuta contemporaneamente agli studi liceali, lascia ampie tracce nella fonetica delle proposizioni che si susseguono quasi come note su di uno spartito musicale. Certamente anche l’attività forense, visto il fatto che essa svolge la professione di avvocato, emerge innegabilmente in certi aspetti, dove con lucida logica, accadimenti e personaggi vengono filtrati senza lasciar trasparire coinvolgimenti emotivi, così come si addice a certe situazioni.
Si assiste a qualcosa di originale nel leggere quest’opera, ovvero all’apparire di uno stile singolare composto da musicalità, poesia e prosa. La scrittura è correttissima e ben vigilata. La scorrevolezza dei periodi rendono lieve la lettura. La varietà semantica è il fiore all’occhiello del suo stile. Le storie stanno a confine tra il reale e l’immaginario, in alcuni casi sembra di assistere a figure lambite dalla nebbia e dal sole, tra sogno e realtà ma anche tra prosa e poesia. Sì perché di questo si tratta alla fin fine, questo dolce ondeggiare tra le due componenti letterarie effettuato con maestria, legando l’una all’altra indissolubilmente. E nell'appeso (pag. 41) in quella Venezia riportata come solo Francesco Guardi o Il Canaletto potevano fare, appare la figura misteriosa della cartomante, anch'essa indefinibile come la città, tra nebbia e sole. Bella la storia d'amore impossibile da coronare come quella tra il vecchio professore e la giovane studentessa nel loro rincorrersi come la notte e il giorno, che si inseguono e non possono incontrarsi poi, solamente a posteriori il rimpianto. Anche la sofferenza infantile, i traumi adolescenziali, sono ben rappresentati in Come il fiore di loto (pag.73). L'aspetto saliente del contenuto dei racconti, oltre alla passione, alla sventura, alla sofferenza e alla gioia, è quello del coraggio. Le donne di Cinzia sono tutte coraggiose, strutturalmente coraggiose, in quanto animi reattivi che infondono speranza. C'è anche spazio per la favola, una bella favola ovvero La favola bella (pag. 53), tanto che io ci sono caduto con tutte le scarpe nell'ammaliante tranello intentato dalla scrittrice. Ci sono caduto perché la favola mi aveva preso davvero, come ti cattura un bel sogno, di quelli che giungono verso l’alba, quando essi ti tengono in ostaggio anche dopo il risveglio e ti riempiono di nostalgia, e per un attimo sono tornato bambino. In ogni occasione emerge la vasta cultura di Cinzia Della Ciana e questa è il substrato fondamentale su cui si basa l’impianto dell’opera. La scrittrice conosce profondamente la letteratura e ne dà ampia dimostrazione in tutto il libro e in casi specifici, come in quello della iattura, ovvero in Malerba (pag. 91) essa ci riporta alla mente Pirandello, maestro del racconto e nel caso specifico, per analogia di tema, “ La patente”. Anche la ricostruzione perfetta dell'ambiente socioculturale del senese del '400 è degno di nota e anche lì, il lettore è trasportato in quegli scorci apparentemente tratti dagli affreschi di Ambrogio Lorenzetti e come lui, la scrittrice riesce a farci rivivere con la coreografia ben articolata la vita di una città medievale italiana. Sono questi racconti di donne e non per questo per sole donne anzi, ad un uomo offrono un mezzo in più di conoscenza di quel misterioso mondo femminile. E’ interessante l’acume con cui Cinzia scava nella psiche femminile, dando prova della capacità sottile di indagare e di delineare tratti dei caratteri femminili diversi fra loro, rendendo le figure leggibili o misteriose a seconda del personaggio descritto. Cinzia si muove su un piano quasi da ritrattista o fotografa d’arte che dir si voglia e ci trasporta avanti e indietro nel tempo percorrendo tutte le fasi della vita umana ovvero le stagioni dell’uomo: la fanciullezza, la gioventù, la maturità e la vecchiaia. Donne diverse e lontane l’una dall’altra , ma riconducibili ad un unico quadro d’assieme, ad uno dei quadri caravaggeschi pieni di luci e di ombre, di risposte mai definitive e di interrogativi aperti, ad un quadro, o meglio, a Quadri di donne di quadri.

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