Gio Ponti
La Villa Planchart a Caracas
A cura di Antonella Greco
Area 08 – Ingegneria civile e Architettura
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SINTESI
Monografia Gio Ponti. Villa Planchart a el Cerrito, 1953-1957. Prima di tutto l’impressione: la sensazione di fresco profumo in tutta la casa, di vento, di brezza odorosa che passa dal giardino alle fessure delle pareti dalle aperture al patio, a noi. Una frescura da brivido al di sopra della città: calda affannata, complessa, densa. Totalmente aperte alle montagne intorno. Di giorno verdi di notte illuminate di lucine sospese. Uno strano vascello, Villa Planchart, che ha affrontato oceani e superato tempeste per arrivare col suo carico speciale di storia, di arte, di riti e di miti così diversi dal primitivo barbarico della terra venezuelana, come dal mito macchinista, del moderno che invadeva Caracas dagli anni Trenta, come un pezzo di America e di terra di conquista. Tanta esuberanza di decorazione, tanto eccesso di linee e di colori, tanto horror vacui, diremmo, dà una somma algebrica neutra, di lusso, calma e voluttà. Postmoderno potremmo dire, con una sua qualità eccelsa di giocosa avventura di esperimento formale, allegro, affaccendato ed infantile nello stesso tempo. Esempio eccelso di quell’esportazione così pontiana, di amare l’architettura. Molte riviste avevano declinato la fede di Ponti nell’arte e nell’architettura anche nei periodi tragici come durante la guerra ed il dopoguerra, anche la committente Anala Planchart si fece affascinare. Infatti la sua casa si adatta subito alle pagine di “Domus”, così affascinante, aperta, colorata e complessa com’è. Niente di spagnolo ma bensì una casa trasparente, trafitta da migliaia di punti di vista, da simmetrie giocose, da aperture che si riflettono in altre aperture, un labirinto, un ‘esperienza percettiva che moltiplica la visione, il panorama i fiori, gli alberi e gli uccelli. Una casa di contraddizione un progetto surrealista. La stanza si affaccia sul patio e non ha una convenzione di parete, aperta su ciottoli del patio, orchidee e elementi scultorei di Melotti, sulla cascatella e sullo stagno. Giochi di parole incongruenze giochi di bianco e nero come nel domino e dei dadi, sedie di Fornasetti. C’è tutto nella Villa Planchart. Non stupirebbe poi questa cura maniacale del dettaglio nella villa Planchart se si pensasse ad un architetto amorosamente presente in cantiere… l’Anomalia è che la villa sia stata costruita per lettera, per telefono, per telegramma, su fogli dipinti, da sogni sognati, da modelli al vero. Ma chi pensava la casa poteva vederla crescere; e mai chi la vedeva crescere la vedeva pensare nello stesso momento. Una sorta di destino caleidoscopico e borghesiano. Un esercizio surrealista, un “cadavere squisito” di aggiunte successive che magicamente componeva la sinfonia di insieme. Un gioco suggestivo e reso possibile dall’alchimia di una committenza discreta ed innamorata della cultura occidentale e da un poeta lieve affaccendato e gentile.
pagine: | 196 |
formato: | digitale |
ISBN: | 978-88-7890-900-7 |
data pubblicazione: | Maggio 2008 |
marchio editoriale: | Edizioni Kappa |
SINTESI