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L’opera dello straccione di Vito Pandolfi e il mito di Brecht nell’Italia fascista

In una sera di febbraio del 1943, a Roma, al Teatro Argentina, negli ultimi mesi del governo Mussolini, andò in scena lo spettacolo allestito da un regista che militava nell’opposizione clandestina. Gli spettatori scrissero di una scossa, di un’impresa per qualcuno grezza e confusa, ma audace e vitale. Lo spettacolo era il saggio di diploma di Vito Pandol , allievo regista della Regia Accademia d’arte drammatica fondata da Silvio d’Amico. Il copione era una traduzione della Beggar’s Opera di John Gay del 1728, ma rivisitata, tradotta e riscritta secondo la già storica revisione dell’Opera da tre soldi berlinese del 1928, il grande successo del giovane Brecht. Il nome di quell’opera e di quell’autore tedesco non si potevano pronunciare apertamente, perché era un comunista sfuggito al nazismo. [...]

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