Aracne

Si può descrivere il morire? È possibile dare una rappresentazione dell’attraversamento di quella linea che separa la vita dalla morte?
Qualche medico, come lo psichiatra Eugenio Borgna in L’arcipelago delle emozioni, lo ha tentato connotando quei momenti come «l’ora che non ha più sorelle: nel venir meno di ogni continuità temporale, di ogni possibile trascendenza nel futuro». Insomma, una sorta di uscita dalla dimensione temporale. Dal canto loro scrittori come Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo o Camus in La morte felice hanno rappresentato il trapasso come lo spegnersi dei rumori del mondo – quello del mare, nel loro caso – come se si venisse risucchiati all’interno della natura, non più spettatori, ma parte di essa.
Nessuno però è riuscito a rappresentare il morire con altrettanta intensità, plasticità ed emozione come il pittore Ferdinand Hodler (Berna 1853-Ginevra 1918).
Il professor Giovanni Ceccarelli – medico pediatra, altresì laureato in Studi storico-artistici – ci racconta in questo libro la malattia e la morte di una giovane donna, Valentine Godé-Darel, cui Hodler era sentimentalmente legato. Il pittore segue passo passo con i suoi ritratti e i suoi disegni l’inesorabile progredire del cancro che distrugge il corpo della sua amata.
Verrà il momento in cui Valentine non guarderà più Hodler, che allora comincerà a ritrarla di profilo, quasi ad esprimere il pensiero di lei – scrive Ceccarelli – «se io non fossi malata, tu saresti felice» (pag.71).Hodler, dunque, intuisce il vissuto interiore della paziente e lo esprime pittoricamente. Mentre le prime raffigurazioni ci mostravano Valentine di fronte, gli occhi negli occhi di chi la dipingeva e dunque quel guardarsi reciprocamente esprimeva l’amore che li univa, ora lo sguardo e il pensiero di lei sono altrove, persi in un vuoto che è soltanto suo.
Ma poi lo sguardo della malata ritorna a fissare il pittore: è uno sguardo implorante che dice, che grida: «non lasciarmi andare»; è lo sguardo di chi sente «che tutto sta per essere cancellato: la malattia, l’amore, la persona, la vita» (pag. 73).
La storia di Hodler e di Valentine, del loro incontro, del loro amore e della malattia di lei; l’analisi, al tempo stesso puntuale ed empatica, delle rappresentazioni pittoriche di una giovane donna che passa dalla splendore della salute ai primi segni della malattia, e poi entra in quella fase di conflitto tra vita e morte che è il morire, fino all’immobilità fredda e definitiva del cadavere occupa i primi cinque capitoli del libro. Nei rimanenti l’Autore traccia anzitutto un confronto tra Hodler e Edward Munch, un pittore che reiterò anch‘egli nei suoi quadri la rappresentazione della morte, anche se non fu mai presente alle scene che dipingeva. Successivamente Ceccarelli fornisce la sua risposta alla domanda se sia lecito «eternare – con tutto quello che questo verbo significa – la nostra morte, il nostro “stare morendo”» (pag 151). e scrive: «A me pare – per tentare comunque una conclusione assolutamente personale – che Hodler, con tutti i diritti della sua arte non aveva alcun diritto di usare Valentine morente come oggetto della e per la sua pittura».
Ma l’arte – mi permetto di osservare – non è forse trasfigurazione dell’oggetto? E se poi quei quadri furono venduti, conta assai poco in confronto al fatto che essi ci siano stati tramandati. E non dovremmo essere proprio noi medici a criticare ciò che Hodler fece: la sua testimonianza ci è preziosa, ci aiuta a comprendere cosa sia il morire, ci aiuta a riflettere su un evento così delicato e toccante come quello del trapasso; ci aiuta a non fuggire, a non cancellare dalla nostra mente quel difficile passaggio, ci aiuta a rimanere uomini anche quando siamo medici impotenti dinanzi al morire.
Perciò credo che Ceccarelli abbia fatto un grande regalo ai medici con questo suo libro che dovrebbe essere letto e meditato da molti e certo sarà gustato e apprezzato da chiunque lo legga, per la finezza e l’eleganza della sua scrittura.
Il volume, che fa onore anche all’impegno dell’Editore, è corredato di un’ampia bibliografia e di un indice delle figure ed è impreziosito dalla prefazione del professor Roberto Burgio, Maestro tra i più eminenti della pediatria italiana e dalla prefazione e postfazione del professor Vincenzo Nesi Preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali della “Sapienza” Università di Roma.


Dott. Vito CAGLI

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