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Quando il fascismo cambiava le parole straniere: gli italiani dovevano parlare solo l'italiano immaginario (e ridicolo) del regime

Fin da piccolo, col mio papà, si son viste diverse commedie all'italiana, e non solo quelle notissime. Prima al cine, in periferia, sulla RAI e poi, soprattutto, sulle TV libere. Ricordo le risate di mio padre, che per varie ed eventuali non ha mai riso tantissimo. Rideva a tal punto da piangere, e certe volte piangeva sul serio. Specie quando rivedevamo quelle dedicate al fascismo e alla seconda guerra mondiale. Papà, nato a Torino nel 1936, qualche ricordo lo aveva, e lo tirava fuori a commento. E poi faceva il tipografo e di parole se ne intendeva.

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