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Patrimonio culturale immateriale e società civile di Lia Giancristoforo e Valentina Lapiccirella Zingari
Credo, e mi auguro, che la nostra ricerca sia utile sotto vari punti di vista. In primo luogo essa offre una panoramica del concetto di “patrimonio culturale” in Occidente. Noi siamo antropologhe e pensiamo che, dal punto di vista culturale, fenomeni come la memoria collettiva, il museo, l’istituzionalizzazione di un festival dell’artigianato o di un cammino in ricordo delle vittime di una guerra, meritano attenzione e richiedono di essere osservati e studiati da diverse prospettive. Il libro parla del “patrimonio culturale” e soprattutto dei “programmi politici” per il patrimonio culturale immateriale. Per patrimonio culturale non si intendono solo i quadri, i monumenti, gli oggetti preziosi, ma anche le tradizioni, il rispetto per l’ambiente, i dialetti, le varie forme della socializzazione locale. Ma, come dice Pietro Clemente nella sua prefazione al nostro libro, si sbaglia chi pensa che il patrimonio sia una torsione verso il passato. Esso è, al contrario, una proiezione verso il futuro. Un “patrimonio” va oltre la mera pratica della tradizione, perché implica una riflessione, un ragionamento sulla sostenibilità, una responsabilizzazione per il futuro, una tensione verso le generazioni future. Sicchè, gli elementi che configurano un “patrimonio culturale immateriale” possono essere salvaguardati solo in accordo tra i gruppi, perché i beni culturali immateriali sono dinamici, si spostano con le persone, spesso sono anche sono trans-nazionali. Perciò le organizzazioni internazionali, e in particolare l’UNESCO, hanno sollecitato da parte degli Stati forme di legislazione universalistica che cercano di far dialogare i popoli, evitare le guerre e, in caso di guerra, cercano di evitare la distruzione dei patrimoni naturali e culturali. Tra i vari programmi internazionali per la salvaguardia del patrimonio culturale, c’è uno strumento che per noi autrici è particolarmente innovativo: la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale del 2003, ratificata ad oggi da moltissimi Stati, ben 178, tra cui l’Italia. Questo grande patto internazionale, voluto da antropologi culturali di tutto il mondo per stimolare le comunità a salvaguardare democraticamente i loro beni immateriali, ha dotazioni economiche limitate e si avvale soprattutto di uno strumento simile ad un “inventario”. […]
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