«Come un zan Giobbe immezzo ar monnezzaro»
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Area 10 – Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
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SINTESI
La poesia romanesca di Giuseppe Gioachino Belli, da tempo collocata nel canone dei “classici” della letteratura italiana, continua a rinnovare il proprio messaggio e il proprio fascino a ogni lettura. Se gli oggetti, i temi, gli ambienti trattati (la Roma della Restaurazione, l’infima plebe, il potere assoluto del Papa–Re) appartengono a un passato ormai tramontato, lo spirito titanico, le forme potentemente espressive, la forza morale e razionale che anima la scena dei suoi 2279 Sonetti promuove la rappresentazione di quegli oggetti, temi e ambienti a grandiosa e fosca allegoria di una condizione umana, tutta “moderna”, invasa e tormentata da una sofferenza esistenziale senza possibile miglioramento e soprattutto senza una comprensibile e accettabile spiegazione. Ma accanto alla denuncia della miseria della “vita dell’omo”, la poesia belliana torna, ancora adesso, a comunicare un instancabile e ostinato desiderio di “interrogare” il senso di questa condizione umana: desiderio che il poeta romantico, “mascherato” nelle fattezze e nella parola del suo sfacciato e sovente osceno plebeo, trasforma in una protesta, in una contesa a oltranza direttamente con Dio.
pagine: | 148 |
formato: | 14 x 21 |
ISBN: | 978-88-7999-744-7 |
data pubblicazione: | Gennaio 2006 |
marchio editoriale: | Aracne |

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