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Le tv e quel miliardo. Ora iniziano i veri giochi

Un miliardo all'anno: tanto entra nelle casse dei venti padri-padroni del calcio. Sono i soldi dei diritti tv, due terzi del fatturato (1,6 miliardi) del mondo del pallone. Quasi tutti se ne vanno nel mercato e negli ingaggi. Ben pochi per i settori giovanili e per risistemare gli stadi. I club hanno l'alibi, gli impianti sono dei Comuni. Vero, ma un ritocco sarebbe gradito (aspettando una legge che mai arriverà). Venerdì 13 c'è a Milano l'assemblea della Lega di serie A: si parlerà, appunto, di diritti tv. Nella primavera del prossimo anno dovrà essere pronto il nuovo bando d'asta, per il quadriennio 2015-'18. Non sarà per niente semplice trovare un accordo fra i presidenti, fra il blocco Beretta-Galliani-Lotito e i 7 dissidenti (pilotati da Andrea Agnelli). Un miliardo all'anno è una bella cifra, ma secondo alcuni sarebbe ancora troppo bassa. "Si può fare di più, in campo domestico ed estero". La Premier League vende all'estero i suoi diritti a 500 milioni all'anno, noi a 118. Ma non si possono fare paragoni, sono due mondi troppo lontani. La speranza dei presidenti è che scenda in campo anche da noi Al Jaazera: ha investito molto in tutto il mondo, ultimamente in Asia e Africa. Ma non ha ancora deciso se sbarcare in Italia, magari alleandosi a Mediaset. Sky ha già detto che è pronta a continuare ad investire nel calcio, ma vuole un prodotto migliore, più credibile (come dar loro torto?). C'è il rischio che Sky e Mediaset facciano cartello e abbassino l'offerta? Molti presidenti lo temono. La vera partita per il futuro è quella dei diritti tv. Ci sono nuove piattaforme, va studiato un prodotto più appetibile. Dai diritti arrivano i soldi veri. Siamo troppo indietro nel merchandising e negli incassi da stadio. Il Real Madrid fattura 500 milioni all'anno, la Juventus quasi la metà (270). Ecco la differenza. Ecco perché in campo europeo non siamo (più) competivi.

Castel Rigone, lo stadio-gioiello e l'esempio di Cucinelli
Lega Pro, il laboratorio del calcio. La volontà di tentare, di trovare strade nuove, non sempre facili. Scongiurato lo sciopero dei calciatori, inaugurato ieri lo stadio di Castel Rigone, adagiato su una collina prospiciente il Lago Trasimeno. Uno stadio gioiello, e modello: senza barriere, con siepi e fiori. Una società modello (patron Brunello Cucinelli, il re del cachemire). Francesco Ghirelli, dg della Lega Pro, ha spiegato (all'Avvenire) come il club neopromosso in Seconda ha chiesto di giocare il sabato, per venire incontro alle famiglie. Inoltre, "Cucinelli ha messo come fondamento del suo calcio il rispetto e può succedere che un tifoso inveisca contro l'arbitro o i calciatori della squadra avversaria e allora si vede avvicinare da un dirigente che lo invita ad accomodarsi fuori dallo stadio o ci potrebbe essere un genitore di un calciatore che inveisca e allora quel ragazzo non giocherà la partita successiva. Questa è la cultura di chi non si arrende di fronte alla ignoranza e alla violenza, non si gira dall'altra parte, non consente ad una minoranza di contraddistinguere e marchiare negativamente una tifoseria, un club, una città. Così bisogna fare per isolare i violenti, i delinquenti". Giro l'idea a Luca Pancalli, fresco presidente del settore giovanile e scolastico della Figc: iniziamo ad isolare i genitori-ultrà. Teniamoli lontani dai campetti. Per il bene dei loro figli, e del calcio.

Un libro d'attualità: il financial fair play e i club professionistici
Un libro quantomai di attualità. Lo hanno scritto Paolo Lenzi e Claudio Sottoriva, prefazione di Michele Uva. Si intitola "L'applicazione del financial fair play alle società di calcio professionistiche " (edizioni Aracne, prezzo 40 euro). Un libro impegnativo, 632 pagine, scritto da professionisti del settore. Il prossimo anno scattano le sanzioni dell'Uefa, i club italiani si stanno mettendo in regola (solo l'Inter è indietro), molti club stranieri ancora sono fuori legge. Il libro aiuta a districarsi in una materia nuova, complessa, delicata ma estremamente importante.

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