il Referendum
L’autocoscienza femminista del collettivo Benazir

Dialogo e interazione. Sono due parole che poco spesso si abbinano alle donne, più abili nel contrapporsi e nel confliggere con se stesse e tra di loro. Le donne del Collettivo Benazir di Verona, oggi ultra venticinquenni, hanno voluto smentire un pensiero che da sempre caratterizza il sesso femminile negativamente. Le donne non sanno comunicare, non si confrontano, non si alleano. Le abbiamo conosciute alla Società letteraria di Verona per la presentazione del loro libro ” Frammenti di autocoscienza” dove raccontano un’esperienza diversa, la loro, vissuta all’età di vent’anni.
Innanzitutto cos’è il collettivo Benazir?
Il collettivo di sole donne nasce nel 2006 dopo che le giovani si incontrano e si conoscono all’interno dei collettivi studenteschi dell’Università.
Il 2006 è l’anno dal quale le giovani femministe iniziano a raccogliere i loro frammenti e le loro storie che riporteranno nel libro in un arco di tempo che arriva fino al 2008, con accenni al 2009.
In cosa consistono questi frammenti?
Sono gli scambi di queste ragazze, scambi talvolta epistolari, in altri casi pezzi di diario che vengono riportati nel libro senza pretese, senza voler a tutti i costi affermare una verità, ponendo domande alle quali forse non c’è risposta.
Sono le stesse ragazze a non voler sapere le risposte perchè quello che conta è il cammino, la ricerca dentro di noi, dentro il nostro essere donna, dentro il nostro modo di relazionarci con le altre donne e con l’altro sesso.
Sono semplicemente delle storie, frutto di una inattuale autocoscienza. Non c’è la paura di definirsi femministe ai nostri tempi ostili con questa ideologia considerata radicale e non c’è la paura di fare e diffondere autocoscienza.
L’autocoscienza è una pratica politica, è un’intuizione, è la soggettività femminile e serve per diventare se stesse, per conoscersi.
E quale miglior modo di conoscersi, di fare autoanalisi se non scrivendo di getto? Un flusso di coscienza alla Joyce, un Ulisse che quando viene riletto ci rivela aspetti inediti, completamente sconosciuti o che semplicemente rinnegavamo.
La vera forza del libro si basa sulla rete, sulla relazione che queste ragazze riescono a creare tra di loro. Non è sempre stato facile, soprattutto per la distanza che le ha viste protagoniste di viaggi ed erasmus. La loro rete però non si poteva fermare e non si è fermata e così in aiuto è venuto lo strumento email e le sue immaginabili conseguenze. L’interazione è fatta sì di parole ma anche di sguardi, sguardi che sono mancati.
Il libro è un viaggio tra la “paranoie” femminili, un viaggio che vuole partire dal corpo e dalla sessualità, dallo stare bene con noi stessi e dall’esperienza del condividere. Un’esperienza raccontata, donata apre un’interazione con l’altra persona che in qualche modo viene condizionata e reagisce a quello stimolo lasciandosi andare. E se la persona contrappone un muro? Questo è il motivo per cui serve fare autocoscienza, il muro è la negazione e per questo va stimolato.
Noi ci doniamo, ci riveliamo, ci riconosciamo nell’altra donna. Con l’autocoscienza le donne compiono un atto politico perchè solo lavorando con noi stesse e rimettendo in gioco le vecchie impostazioni patriarcali, possiamo davvero cambiare il mondo.
Per togliere tutti i veli che ci hanno posto, basterà un’autocoscienza solo sul corpo? O abbiamo bisogno anche di altre autocoscienze? Il collettivo Benazir ha mai pensato a un dialogo anche su altri aspetti dell’essere donna, oltre al fattore sessuale?

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