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Il teatro di Elfride Jelinek in Italia

Jelinek, un'austriaca in Italia

Un libro ripercorre gli allestimenti scenici delle opere teatrali della drammaturga insignita nel 2004 del Premio Nobel per la letteratura. Le voci dei registi e degli attori

Una sfida. Il teatro di Elfriede Jelinek è una vera sfida per il lettore. E se lo è per il lettore, figuriamoci quanto lo possa essere per l'attore, per il regista, e infine per lo spettatore. Quando poi lo spettacolo avviene in una lingua diversa e in un contesto diverso rispetto a quelli in cui il testo è nato, e cioè il tedesco e l'Austria contemporanea, allora la sfida si moltiplica, e diventa ancora più ardua se pensiamo alla diversa tradizione teatrale dell'Italia rispetto ai paesi germanici. Su questa sfida e soprattutto sulle modalità che hanno consentito ad alcuni teatranti italiani di affrontarla efficacemente, ecco un interessante volumetto a cura di Lia Secci, Il teatro di Elfriede Jelinek in Italia (Aracne; pp. 140; euro 10). Un libro che raccoglie le voci degli artisti, per leggere Jelinek attraverso la loro sensibilità ed esperienza scenica.
Se i primi film di Michael Haneke, o quelli di Ulrich Seidl o Markus Schleinzer, ci raccontano un'Austria infelix attraverso una visività spaventosa, fatta di agghiaccianti immagini quotidiane solcate da interminabili silenzi, il teatro di Elfriede Jelinek ci accompagna dentro quella nazione con un inarrestabile flusso verbigerante in cui le parole spezzano le funi che le ancorano a un senso comunicativo borghese per rincorrersi oceaniche in una vertigine di senso e sensi, ben radicate in una fittissima e inestricabile rete di rimandi e citazioni - spesso di inaudita vis polemica e politica -, e rapprese infine in una sontuosa partitura musicale. Conosciuta da pochi in Italia prima del 2004, anno in cui le fu assegnato il Premio Nobel, Jelinek è riconosciuta oggi come una delle autrici europee, di teatro in particolare, più importanti e capaci di catturare l'apocalittico Zeitgeist di questa epoca. Ma rimane la difficoltà di allestimento delle sue opere, anzi di comprensione vera e propria (nel libro si cita il fatto che anche i lettori madrelingua hanno talvolta difficoltà di comprensione di alcuni passaggi testuali), soprattutto in Italia dove, come dicevo, il filtro della traduzione (e quindi la perdita dei rimandi e di quella musicalità che sono parte sostanziale dell'opera di Jelinek) e il diverso contesto non sembrano costituire l'humus più adatto. Questo libro ci aiuta a scoprire alcune esperienze di allestimenti di opere di Jelinek e, al tempo stesso, a comprendere meglio alcune problematiche insite in quella drammaturgia.
A confrontarsi su questo terreno sono il regista Werner Waas, tra i principali promotori del teatro di Jelinek in Italia con la sua compagnia Quellicherestano, le registe-attrici Maria Inversi e Federica Santoro, e l'attrice-traduttrice Roberta Cortese. La riflessione sugli spettacoli realizzati da ciascuno di loro è occasione per aprire prospettive di lettura delle rispettive opere messe in scena, e soprattutto di dialogo tra pagina scritta e scena. Dialogo su cui si soffermano la stessa curatrice (che compie un'ampia panoramica della fortuna scenica dell'autrice in Italia) e soprattutto Pia Janke nell'intervento introduttivo, in cui mette in guardia da letture che possono alterare la realtà dei drammi di Jelinek: la loro riduzione a coordinate borghesi; l'accumulo multimediale; la ricucitura arbitraria dei testi e il loro taglio, cosa peraltro accettata dalla stessa autrice (una delle pochissime ad avere un atteggiamento laico e libero di fronte alle interpretazioni registiche delle sue opere) e rese talvolta necessarie dalla lunghezza immane. Questo libro, insomma, può costituire un utile viatico non tanto alla comprensione dell'opera di Jelinek, quanto a un approccio più consapevole. Resta, comunque, misteriosa la ragione per cui gli interventi di Janke e Waas vengano riproposti anche in tedesco (ma un po' più avanti, staccati dalla loro versione italiana); e resta un peccato il fatto che un libro con questo oggetto manchi del tutto di una teatrografia che raccolga in modo ordinato tutti gli allestimenti italiani. interventi di Janke e Waas vengano riproposti anche in tedesco (ma un po' più avanti, staccati dalla loro versione italiana); e resta un peccato il fatto che un libro con questo oggetto manchi del tutto di una teatrografia che raccolga in modo ordinato tutti gli allestimenti italiani.

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