Gazzetta di Parma
"Cinema Olimpico" com'era bello il Montanara perduto

In un romanzo rivive il quartiere Montanara perduto. Quello che un tempo era chiamato il Bronx, in cui l’integrazione la facevano i bambini. Il libro si intitola «Cinema Olimpico», da uno dei simboli di questa periferia viva, il cinema teatro dove Francesco Guccini presentò il suo album «Via Paolo Fabbri 43» e in cui suonarono anche Bennato e Branduardi. L’autore del romanzo è Roberto Porcelli, 54 anni, parmigiano, al suo debutto con la narrazione, che racconta la propria infanzia e adolescenza, fra peripezie, bravate e personaggi di un’altra epoca. Oggi alle 18 sarà alla nuova libreria Feltrinelli di via Farini, per presentare la sua opera. Porcelli, oggi manager di una multinazionale, descrive una generazione che ha fatto la «gavetta correndo sopra l’argine del Baganza», ha imparato nell’«università» del Montanara, fra strade e campi smisurati, oggi coperti da palazzi e condomini. Il suo è il racconto di un quartiere che non c’è più, dove un tempo attorno ai palazzoni popolari e ai capannoni era tutta campagna: «Le nostre case erano come i bastioni di un castello, oltre non c’era nulla» scrive Porcelli, che ricorda una lista infinita di episodi divertenti accaduti nel Montanara, negli anni Settanta e Ottanta. Tornano alla memoria il bar Olimpico, la bocciofila Condor e circoli ormai scomparsi. «Erano a un giro di compasso nel cuore del Montanara. Ogni gestore di bar era identificato dalla sua natura di domatore in una gabbia di tigri, le tigri eravamo noi» scrive l’autore. I personaggi del romanzo hanno nomi e «stranòm», sono figli di famiglie arrivate da tutta Italia: «Noi piccoli eravamo dei mezzosangue senza dialetto, imparavamo il parmigiano in strada» si legge nel libro, che si apre con il protagonista in viaggio in Irlanda, intento a ricordare com’era decenni prima il quartiere popolare e periferico di Parma, affastellando episodi divertenti, ragazzate, «degenerate», errori e disobbedienze dei giovani al mondo degli adulti, che dovevano distruggere quel mondo di regole e convenzioni per poi poterlo ricostruire.

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