Rassegna stampa della presentazione
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"Describe, interpret, evalue": in queste tre esortazioni ("descrivi, interpreta, apprezza") è riassumibile il "DIE method", indicato dal padre polacco Zdzislaw Jozef Kijas, relatore della Congregazione delle Cause dei Santi, come "ricetta" per "avviare un dialogo fruttuoso, evitando percezioni soggettive e giudizi affrettati per costruire una società multietnica e multireligiosa davvero accogliente" e "tendente all'unità". Il religioso è intervenuto il 31 maggio alla presentazione, presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma, del volume "Cogliamo ciò che ci unisce. Il 'denominatore comune' fra religioni e culture del mondo per difendere le generazioni future" (Aracne Editrice, 2010) di Carletta Viotto. No a pregiudizi e barriere. Nel sottolineare il "genio femminile che percorre il volume e che ha saputo cogliere la bellezza sparsa in ogni cultura e religione per farla fruttificare", padre Kijas si sofferma sulla "mescolanza di popoli senza precedenti in corso in Europa, che ne sta cambiando anche il volto religioso". Un processo che richiede "lo sforzo di conoscersi gli uni gli altri nella consapevolezza che è necessario portare a termine con successo queste dinamiche mettendo da parte pregiudizi e barriere". Fondamentale il ruolo della lingua, "mezzo indispensabile di comunicazione" ma anche "strumento di rappresentazione della realtà e del mondo dell'altro". Citando ad esempio il confronto tra l'inglese e il cinese, padre Kijas fa notare che "la diversa costruzione della frase e il differente ordine delle parti del discorso rispecchiano i valori e le caratteristiche di ognuna di queste due culture". La fatica dell'educazione. "Nel corso dei millenni la storia è stata troppo spesso segnata da sanguinosi conflitti, tragedie spesso spacciate come perpetrate 'in nome di Dio', di cui l'umanità porta dolorose cicatrici. Eppure Dio non vuole che alcuna vita venga stroncata", osserva Carletta Viotto, secondo la quale è proprio "l'ignoranza culturale e religiosa, nell'accezione latina di non-conoscenza, la causa dei sospetti che fanno percepire le differenze dell'altro come potenziali pericoli". Solo "la fatica dell'educazione multiculturale/multietnica - afferma - permette di capire che siamo tutti molteplici facce dello stesso soffio di Dio". Secondo l'autrice occorre inoltre ricominciare ad "educare alla vita, al rispetto di ogni persona e della sua dignità, all'amore per il prossimo inteso come compassione". Questi, conclude, "gli strumenti per la costruzione di una società pacificata".

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