Parolazero
Downtown: l’urgenza della Verità e il giardino segreto svelato

In Downtown (Aracne, Roma, pp. 296), ultimo lavoro del poeta e critico letterario Andrea Galgano, la geografia dell’anima è declinata negli spazi vivi; quattro quadranti scandiscono e orientano gli affluenti emotivi nella rappresentazione di un Paese che è fucina infinita di miti. Le venti tavole pittoriche di Irene Battaglini, in un gioco sinestetico, traghettano il senso dalla parola all’immagine, in un rimando di specchi che nei labirinti della luce sanno dare corpo all’inepresso taciuto dei landscape. Andrea Galgano ha mano e cuore fermi nel dipingere l’ulteriore sfuggente di un giardino segreto svelato. L’ossimoro pervade, prima ancora che i versi, il paesaggio stesso; la costruzione divina si abbraccia a quella umana, cristalli, acciaio, murature si alternano allo strepititio eterno della natura libera. “Sbalestrano le luci nere come lumi d’aria / e riunioni di giardini messaggeri / tra balconi incessanti[…]“. La potenza dei versi di Andrea Galgano esplode squarciando il velo del Tempio. Rivela, non con la calma tacita di affreschi rassicuranti, ma con l’urgenza della Verità, “Sguainava la terra, l’aria il legno viola dei mattini / Dio si è ferito, pure Lui / nelle rosse arche[…]”. Il nuovo lavoro del poeta lucano non è un affresco, ma un origami vibrante che si apre al mondo e con esso convive in un piano lievemente sfalsato. Un lavoro colossale di oltre duecento componimenti, levigati, preziosi. La cura delle parole, custodite dall’autore con grazia infinita, regalano una sintesi poetica degli Stati Uniti e del Canada, rendendoli nel contempo familiari ma inediti. Scopriamo il gusto nuovo di salpare l’orizzonte con il brivido, il vuoto nello stomaco. In Downtown, le costruzioni sono complementi dell’uomo, non sfondo. La materia vivente prosegue in quella inorganica in una naturale prosecuzione. Il corpo è mappa dei percorsi del vissuto e a volte, nella strade buie e nelle stanze celate, oscuro cantico della violenza; Ma tutto è vita, anche la morte. “Gli oscuri ingressi torbidi / del cuore arato / i lividi dissolti dei muri/scomposti dipinti e graffi/nelle criminali fughe cannibali”.

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