L’Indipendente
“Il microcredito in Sicilia”. Un modello per il credito sostenibile di Giambattista Pepi

Scioglie il dilemma tra numeri e persone. Risolve l’antitesi tra matematica ed esistenza. Inizia, questo saggio, esplicativo ed efficace, edito da Aracne, “Il microcredito in Sicilia” di Giambattista Pepi, giornalista e saggista, con la storia dell’ideazione del microcredito. Evidenzia gli aspetti quasi sentimentali, insomma umani, che hanno portato Muhammed Yunus, fondatore della Grameen Bank e Premio Nobel per la Pace nel 2006, a pensare al microcredito come un’esigenza etica di donare aiuto a chi più ne aveva di bisogno. Nasce tutto dall’osservazione delle situazione di disagio di un’intera popolazione, quella del Bangladesh, la terra che ha dato i natali a Yunus, vessata non solo dall’indigenza ma anche da una serie di calamità naturali che di volta in volta andavano a scompaginare l’organizzazione di vita degli abitanti.

Si colloca intorno al 1969 la prima forma di sostegno concesso da Yunus, e dai suoi collaboratori, ad un gruppo di donne del villaggio di Jobra. Le signore producevano mobili in bambù, ma erano costrette a vendere i manufatti a chi aveva loro prestato le materie prime ad un prezzo stabilito: un sistema deleterio riducente in maniera significativa i guadagni condannandole alla povertà. Egli invece attua una vera rivoluzione, nel mondo economico, e lo fa seguendo le regole del cuore, della solidarietà. Concedendo in prestito pochi dollari alle comunità, per avviare attività imprenditoriali, quindi non una mera forma assistenziale ma un rilancio.

Dal suo encomiabile esempio, di grande valenza economico-sociale, si può dedurre anche un insegnamento quasi filosofico rispetto alla concezione del denaro, secondo Yunus: Il denaro è un incentivo forte e potente, ma non è il solo. Dobbiamo domandarci se guadagnare denaro rende felice. Secondo me è una forma di felicità, ma risolvere i problemi degli altri è una ‘super felicità’. A questa concezione velatamente marxista, si aggiunge la concezione del posto di lavoro ormai definita ‘obsoleta’ e rimpiazzata dalla creazione del lavoro, inteso come affrancamento dal superiore e opportunità di realizzazione personale a tutto tondo.

Pepi, nel suo saggio svela, pagina dopo pagina, un volto inconsueto della finanza, un’interpretazione dell’economia solidale che consente lo sviluppo anche nelle aree più difficili, soffermandosi sull’analisi odierna del Mezzogiorno. Un elemento che caratterizza il microcredito, nel panorama della finanza tradizionale, è la stretta- come spiega nella prefazione il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli– connessione tra il finanziamento e la prestazione di servizi di assistenza e monitoraggio nella fase di erogazione e durante il periodo di rimborso dello stesso. Nel 2014 si è registrato il dato di un milione e 470 mila famiglie in povertà assoluta. La povertà assoluta è sostanzialmente stabile anche sul territorio, si attesta al 4,2 per cento al Nord, al 4,8 per cento al Centro e all’8,6 per cento nel Mezzogiorno.

A questo quadro di crisi risponde, senza pretese di totale esaustività, il microcredito, dotato di: […]un forte imprinting etico che svolge una funzione eminentemente sociale… poiché consente di accedere ai servizi finanziari a condizioni e con modalità che non ne mortifichino la dignità umana, non ne aggravino la situazione finanziaria e consentano di programmare e realizzare i progetti di vita sociale e lavorativa.

Tante le testimonianze raccolte da Pepi attraverso le sue interviste ai beneficiari del microcredito, quindi l’esposizione di esperienze di successo lavorativo. In cifre 22.600 sono gli utenti del micro finanziamento, con 223 milioni di euro concessi nell’arco temporale di due anni, dal 2011 al 2013. Suscettibile di miglioramento, soprattutto per quel che concerne l’accesso, come spiega in uno stralcio dell’intervista concessa a Pepi, il presidente dell’Ente nazionale per il Microcredito, Mario Baccini, rimane pur sempre un ottimo strumento: Occorre sconfiggere la burocrazia, che è una remora per tutta l’Italia. Ma in questo caso, visto che ci rivolgiamo a persone che hanno bisogni diversi da quelli ordinari, il legislatore, così come noi stiamo sollecitando, deve dare una linea preferenziale per consentire all’imprenditore di poter avviare agevolmente l’impresa.

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