Il Denaro
Il bello del Primo violoncello

Luca Signorini è Primo violoncello dell'Orchestra del Teatro San Carlo e già questo basterebbe a catturare la nostra attenzione. Il ruolo è di grande prestigio e di grande responsabilità e il violoncello è strumento di immensa seduttività con le sue dolcezze severe, le sue sinuosità che attraversano l'aria fino al cuore e ti 'costringono' alla non-divagazione che ti potrebbe concedere, invece, uno strumento come il pianoforte che, in genere, è 'da una parte'.Il violoncello ti possiede già con la sua presenza fisica, imponente, ma non invasiva, eppure ineludibile: quando è sulla scena crea una prospettiva sofisticata perché il musicista, lo strumento e la musica si fanno tutt'uno nell'abbraccio e nella cancellazione delle distanze cui ti obbliga il pianoforte con la sua dismisura invasiva.Ma Luca Signorini non è solo grande violoncellista di chiara fama internazionale, ma anche compositore: compone musica, compone parole, non già nel senso della romanza o della canzonetta, ma nel senso di libri, scritti complessi dove la complessità è moltiplicata dal fatto che Luca decide di narrare se stesso, la propria storia, il proprio percorso esistenziale.Siamo abituati a non conoscere i musicisti: guardiamo le loro mani, curate e preziose, i loro volti intensi, le braccia costrette per ore in posizioni innaturali (penso al violino o all'arpa), ma ben poco sappiamo di loro, dei loro cammini di vita non facili, anzi!I musicisti scelgono (o sono scelti dal fato, dalla vocazione, dal talento) di trascorrere la vita all'inseguimento di onde, di impalpabili e invisibili onde sonore, di suoni che son movimento d'aria e forse vento per afferrarle e trasformarle in senso, in significato, storia, gusto, capriccio del tempo, divertimento, gioia, tristezza, mestizia secondo un linguaggio solo superficialmente noto, giacché tutti abbiamo orecchie per ascoltare, pur mentre sentire, muovere i sensi fino al lógos è altra storia!Parlar d'aria, dunque, è faccenda difficile, talvolta dolorosa, come nel caso di Luca Signorini che in questo splendido libro (Per violoncello solo, ed. Aracne, Roma 2008) ci narra 'suonando' i lunghi camminamenti che ha dovuto attraversare alla ricerca della levità, della leggerezza dell'aria che si fa suono, musica. Rigore, esercizio, rinuncia a molte parti del 'normale' quotidiano dei giovani accomunano il percorso formativo di molti musicisti costretti a lunghi, continui esercizi, costretti alle durezze necessarie della scuola con i suoi propri tempi, i suoi propri ritmi, mentre il giovane aspirante musicista vuole far propria la corsa del tempo, l'impalpabilità dell'aria, la fragilità dei colori e pensa che il talento, quando c'è, possa bastare. Tutto questo è così duro che da qualche parte si invoca la cancellazione dei conservatori (Luca ricorda i proclami di De Simone in questo senso), pur mentre sappiamo che è la 'scuola' con la sua compattezza programmatica a trasformare i suoni che un giovane talento può produrre in musica, figlia della 'divina pazzia' dell'artista, ma anche della storia e della società.Il libro ha avuto l'onore di una 'Prefazione' di Stefano Valanzuolo che regala al 'Violoncello solo' un meritato incipit di tutto rispetto:"Molti anni fa, a proposito di un romanzo della scrittrice premio Nobel Toni Morrison, un critico annotava: 'Questo libro non tratta di jazz, è scritto in jazz ...'. Prendendo a prestito un concetto già usato, allora, potremmo dire che anche questo lavoro d'esordio di Signorini non tratta semplicemente di musica, ma è concepito effettivamente come fosse una partitura. Il che sottintende il ricorso ad uno stile sottile ed intrigante, in cui emergono i segni di un istinto musicale che diventa, tra le righe del racconto, strumento analitico di accattivante profondità" (pag. 5).Il libro, in effetti, è scritto in musica, né potrebbe essere diversamente. E' scritto in musica perché l'autore legge il mondo attraverso tonalità, chiaroscuro, coloritura, variazioni, crescendo e, opera davvero meritoria, fa uscire una splendida parola come 'concertazione' dal triste ghetto in cui l'aveva confinata il linguaggio sindacale.Di fatto, in questo libro Luca continua a suonare senza permetterti mai di distrarti, vien da dire: di staccare gli occhi e l'attenzione dal palcoscenico perché usa un linguaggio assai sofisticato e perché, con grande maestria ci porta dalla scena in cui domina il suo violoncello, padrone e schiavo, al back stage della memoria dove i maestri gridano, rimproverano, 'tormentano' gli allievi con esercizi continui e testi talora sadicamente incomprensibili (almeno al primo impatto):"Benedetto Marcello, Sonata in Sol minore. Il primo saggio, Largo, Allegro, Largo, Allegro. All'inizio non capivo l'inizio acefalo del Violoncello, senza armonia, con un semplice sol in battere suonato dal basso continuo -un Pianoforte più o meno accordato, per noi studenti- e una scala ascendente che si ferma sul sesto grado, tanto per con

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